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Vaticano: “Seconde generazioni discriminate in Europa”

Mons. Marchetto: "I figli degli immigrati rischiano una doppia marginalizzazione"

CITTA’ DEL VATICANO – 14 ottobre 2008 – E’ troppo complicata in Europa la vita dei figli degli immigrati, troppo spesso discriminati dai compagni, trascurati dagli educatori, lasciati ai margini dai governi, in qualche caso al pari dei loro coetanei autoctoni, ma sempre soggetti al rischio di una ”doppia marginalizzazione”.

La denuncia giunge dal segretario del Pontificio consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti, mons. Agostino Marchetto. Ricordando il forte peso numerico degli adolescenti immigrati nonché di quelli nati in Europa da genitori stranieri, Marchetto sottolinea la necessità di politiche a loro rivolte, in due distinti discorsi che pronuncerà oggi a Bruxelles, ma diffusi ieri dal Pontificio consiglio.

La questione – avverte Marchetto, in un intervento che giunge all’indomani dell’ennesima aggressione di una giovane sedicenne marocchina da parte di un ‘branco’ di coetanei, avvenuta a Varese – non riguarda solo la cosiddetta ”generazione della sofferenza”, come la Chiesa cattolica chiama la seconda generazione di immigrati, ma anche la costruzione stessa dell’Europa.

I giovani figli di emigranti rappresentano – ha detto mons. Marchetto – ”un gruppo soggetto a un forte rischio di doppia marginalizzazione, sia in quanto giovani che si trovano a sperimentare, al pari dei loro coetanei autoctoni, i problemi e le difficoltà legate allo studio e al primo accesso al mondo del lavoro, sia in quanto membri di minoranze più o meno escluse e stigmatizzate”.

Particolarmente grave appare la situazione degli adolescenti – aggiunge – perché nel contesto migratorio le domande esistenziali tipiche dell’eta’ ”si acuiscono, facendo sorgere in termini nuovi il problema dell’auto-identificazione”, dell’autostima, del rapporto con le religioni. Interrogativi ai quali le Chiese (comprese sinagoghe e moschee, precisa l’esponente vaticano) e gli stessi giovani hanno dato risposte positive, favorendo l’associazionismo e l’integrazione, l’apprendimento della lingua, il recupero scolastico. Ma alle quali gli stessi governi sono ora invitati a rispondere, garantendo a tutti le stesse opportunità educative e adottando politiche della cittadinanza legate più alla residenza che alla nazionalità”.

Soprattutto nella consapevolezza, ancora scarsa in Europa – sostiene l’arcivescovo – ”che la presenza dei migranti non e’ passeggera, ma strutturale e che essa e’ ”una grande risorsa per il cammino dell’umanità”’.

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