Roma – 10 gennaio 2012 – Il rimpatrio volontario è una delle chance offerte agli immigrati irregolari dalla scorsa estate, quando l’Italia si è adeguata alla normativa europea sulle espulsioni.
Per dare una mano a chi vorrebbe andarsene e non riesce a farlo da solo, la legge prevede anche dei programmi di rimpatrio volontario assistito. Finora, sono rimasti sulla carta, in attesa che il ministero dell’interno definisse come dovevano essere realizzati, ma le Linee Guida pubblicate qualche giorno fa sbloccano la situazione.
I programmi, spiega il decreto, potranno intervenire in tutto l’iter tra l’Italia e il Paese d’origine, dall’attività di informazione e assistenza nella presentazione delle domande all’organizzazione del viaggio verso casa. Potrà essere previsto anche un contributo economico per le prime esigenze, così come interventi di sostegno per il reinserimento in patria.
Chi vuole partecipare a uno di questi programmi dovrà presentare una domanda in Prefettura, che darà il via libera dopo le verifiche della Questura e in base alla disponibilità di posti e finanziamenti, che sono limitati. Avranno la precedenza i soggetti più vulnerabili, malati, vittime di tratta, richiedenti o titolari di protezione internazionale o umanitaria. Poi toccherà agli immigrati che non hanno più i requisiti per rinnovare il permesso e infine, ma forse saranno i più numerosi, agli irregolari colpiti da un decreto di espulsione.
Finanziati dal Fondo Rimpatri (quello in cui dovrebbe confluire parte della tassa sui permessi di soggiorno) e da alcuni fondi europei, i programmi saranno promossi dal ministero dell’Interno anche avvalendosi della collaborazione di Regioni ed enti locali, organizzazioni internazionali e intergovernative o associazioni che hanno già esperienza in questo campo. La pianificazione e la scelta dei soggetti attuatori è affidata al dipartimento libertà civili e immigrazione del Viminale.
“L’apertura agli irregolari dei programmi di rientro assistito è fondamentale. Chi vuole tornare è soprattutto chi non è riuscito a integrarsi in Italia con un permesso di soggiorno e un lavoro regolare e magari vuole sfuggire a un circuito di sfruttamento. Ci aspettiamo un’impennata di domande” commenta Flavio Di Giacomo, portavoce della missione italiana dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni.
L’OIM già gestisce in Italia alcuni programmi di ritorno volontario assistito dedicati a soggetti vulnerabili, a profughi dalla Libia e a nordafricani sbarcati in Sicilia durante la “primavera araba”. Nel 2011 ha aiutato cinquecento persone a tornare a casa e a rifarsi una vita, un’attività umanitaria seguita dai suoi operatori presenti in centotrenta paesi del mondo.
“Al di là di una piccola somma per le esigenze immediate, non forniamo contanti a chi ritorna, ma beni e servizi che possono aiutarlo a reinserirsi” spiega Di Giacomo. Qualche esempio? “Abbiamo acquistato un furgoncino per un giovane sub sahariano, che ha potuto avviare un’attività di tassista o abbiamo aiutato un sudamericano ad avviare un piccolo negozio di frutta”.
Elvio Pasca
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