In vigore il decreto legge del governo che dovrebbe adeguare la legge italiana alla normativa europea. Tante le novità, per extracomunitari e cittadini Ue. Ecco le principali
Roma – 24 giugno 2011 – Rimpatrio volontario o accompagnamento alla frontiera? Parte il doppio binario per gli extracomunitari irregolari scoperti dalle forze dell’ordine, mentre viene innalzato a diciotto mesi la permanenza massima nei Cie. E ora anche i cittadini comunitari rischiano di essere rimpatriati con la forza.
Pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale, è entrato in vigore oggi il decreto legge varato la scorsa settimana dal Consiglio dei ministri per adeguare la normativa italiana a quella europea. Vediamo le novità principali.
Per quanto riguarda i cittadini dell’Unione Europea, il decreto esclude che possano essere controllati sistematicamente per verificare se hanno davvero i requisiti per rimanere in Italia. I controlli sono ammessi solo quando ci sono “ragionevoli dubbi” sulla loro sussistenza.
Il decreto poi specifica meglio i motivi di ordine pubblico e pubblica sicurezza in cui ci può essere un ordine di allontanamento per i comunitari. In particolare, potranno essere rimpatriati con la forza dalla Polizia quando, caso per caso, si ravviserà che la loro permanenza in Italia è incompatibile “con la civile e sicura convivenza”.
La novità principale riguarda però i comunitari ai quali è già stato consegnato un foglio di via, perché non avevano i requisiti per rimanere per oltre tre mesi in Italia, ma vengono sorpresi di nuovo qui. Se non dimostrano che nel frattempo sono tornati in patria, esibendo un’attestazione del consolato italiano nel loro Paese, anche loro potranno essere rimpatriati con la forza.
Più incisive le nuove regole che riguardano le espulsioni degli extracomunitari.
L’accompagnamento immediato alla frontiera d’ora in poi è previsto solo quando l’ irregolare è un pericolo per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale, quando ha presentato una domanda di soggiorno manifestamente infondata o fraudolenta, quando l’espulsione è alternativa alla detenzione. Inoltre, e sarà probabilmente il caso più utilizzato, scatta quando c’è il rischio che, anziché tornarsene da solo in patria, faccia perdere le proprie tracce.
Ma quando si configura il rischio di fuga? Lasciando poco spazio all’interpretazione, il decreto specifica diverse situazioni che giustificano il rimpatrio con la forza dell’’irregolare: non ha il passaporto, non può dimostrare la disponibilità di un alloggio stabile, in passato ha dato false generalità, non ha obbedito a un foglio di via, ha violato una delle misure di garanzia previste per i rimpatri volontari, delle quali parliamo più sotto.
Il decreto prevede anche l’innalzamento a diciotto mesi (fino a ieri erano sei) del tempo massimo di permanenza degli irregolari nei Centri di Identificazione ed Espulsione, quando non si riesce a rimpatriarli perché non collaborano all’identificazione o perché dal Paese d’origine non arrivano i documenti necessari. Le varie proroghe, di due mesi in due mesi, vanno accordate dai Giudici di Pace.
Nei casi in cui non scatta necessariamente l’accompagnamento alla frontiera, è previsto il rimpatrio volontario. Su richiesta dell’irregolare, il prefetto può concedergli da sette a trenta giorni per andarsene da solo, purchè dimostri di avere una certa disponibilità di denaro. Inoltre è soggetto a una misura di garanzia, come la consegna del passaporto, l’obbligo di dimora o la presentazione in orari e giorni stabiliti presso un ufficio di polizia.
Il decreto stabilisce anche che il divieto di reingresso in Italia per chi è stato espulso non può essere superiore a cinque anni. Inoltre, quel divieto può essere revocato per gli irregolari che rimpatriano volontariamente, anche attraverso “programmi di rimpatrio assistito” curati da organizzazioni internazionali, enti locali e associazioni attive nell’assistenza agli immigrati.
Infine, per gli irregolari che vengono scoperti dalla Polizia alla frontiera mentre stanno lasciando l’Italia, d’ora in poi non scatterà l’espulsione e quindi non ci sarà divieto di reingresso. Una novità importante per i lavoratori stranieri che sono già irregolarmente in Italia e si regolarizzano attraverso il decreto flussi. D’ora in poi possono tornare senza paura in patria a prendere il visto di ingresso.
Elvio Pasca