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Voto agli immigrati: ecco la proposta trasversale

Il testo presentato da esponenti di tutti gli schieramenti, Lega esclusa. Alle urne chi è in Italia da cinque anni Roma – 18 novembre 2009 – Come sulla riforma della cittadinanza, anche per il diritto di voto degli immigrati si sta saldando un’intesa bipartisan. Un progetto di legge su questa materia è stato presentato alla Camera da Walter Veltroni e Salvatore Vassallo del Pd, Flavia Perina e Fabio Granata del Pdl, Leoluca Orlando dell’Idv e Roberto Rao dell’Udc.

Cosa prevede la proposta
La proposta (qui una bozza non corretta), illustrata stamattina dai promotori durante una conferenza stampa  a Montecitorio, permette ad extracomunitari e apolidi di andare alle urne per elezioni comunali e circoscrizionali se sono regolarmente in Italia da più di cinque anni. Possono inoltre candidarsi come consiglieri ed essere nominati nella giunta, con esclusione della carica di sindaco e vicesindaco.

Verrebbe introdotto un meccanismo simile a quello già in vigore per il voto dei cittadini comunitari. Gli immigrati interessati a votare dovrebbero infatti chiedere di essere iscritti in una lista elettorale aggiunta nel comune di residenza e, se intendono candidarsi, dimostrare che non hanno perso il diritto di eleggibilità per uno dei motivi previsti dalla legge italiana.

La proposta prevede infine una copertura di diritto internazionale. Secondo il testo presentato alla Camera, l’Italia dovrebbe infatti ratificare e dare piena esecuzione al capitolo C della Convenzione di Strasburgo del 1992 sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, che prevede, appunto, il diritto di voto per chi risiede regolarmente in un Paese europeo da almeno cinque anni. 

I promotori
La proposta trasversale, ha detto stamattina Veltroni, "risponde ad una priorità nell’affrontare i temi dell’immigrazione: quella di garantire inclusione e responsabilizzazione". "E’ indispensabile -ha aggiunto Veltroni- evitare che si crei per gli immigrati che risiedono regolarmente nel nostro Paese una condizione di ‘estraneita” che può portare alla separazione e all’antagonismo".

Flavia Perina (Pdl), direttore de ‘Il Secolo’ , ha difeso le aperture dei ‘finiani’: "Ci sono grandi partite nazionali dove non è possibile criminalizzare o usare schemi di schieramento. Sarebbe sbagliato considerare il voto agli immigrati come un tabù. Nei grandi partiti, come il Pdl, c’e’ l’avanguardia politica, c’e’ il ‘corpo’ del partito, e poi c’e’ la retroguardia politica. Noi ci sentiamo nella prima di queste categorie".

Contro chi sostiene che servirebbe una legge costituzionale, Salvatore Vassallo (Pd) ribadisce che "sul piano giuridico non ci sono dubbi sulla possibilità di procedere con legge ordinaria, come ha spiegato anche il Consiglio di stato”. “L’articolo 48 della Costituzione – ricorda Vassallo – serve a garantire il voto di tutti i  cittadini italiani, ma non esclude il voto degli immigrati. Tra l’altro l’Italia già riconosce  questo diritto ai cittadini comunitari e con la nostra proposta ratifica una convenzione internazionale.

Per Orlando, portavoce dell’Idv,”non si capisce perchè, se un cittadino extracomunitario ha diritti e doveri per la scuola o per il lavoro, non debba averli, a livello locale, per la scelta di chi deve amministrare il territorio".  "Chi strumentalizza questi temi sbaglia, perchè qui stiamo parlando –aggiunge Rao (Udc)- non di clandestini, ma di persone che vivono e lavorano regolarmente nel nostro Paese da cinque anni. L’inclusione, dunque, deve essere concreta e non solo a parole".

Elvio Pasca

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