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Xhilda Lapardhaja: “Io e Sofia”

Ha interpretato la sorella della Loren accanto alla diva. Da 17 anni rinnova il permesso di soggiorno: "Sono straniera in Italia e in Albania"

Roma – 16 marzo 2010 – Domenica e lunedì sera l’abbiamo vista nella miniserie televisiva di due puntate “La mia casa è piena di specchi” accanto a Sofia Loren e Margareth Madè.

In un’ intervista a Shqiptariiitalise.com, Xhilda Lapardhaja racconta le emozioni provate durante i due mesi di riprese con una delle stelle della cinematografia mondiale. Racconta, però anche  la sua quotidianità, con gli interrogativi tipici di tanti figli di emigrati, che pur facendo in Italia la stessa vita dei loro coetanei italiani ed avendo l’albanesità nel Dna, spesso si sentono stranieri qui e stranieri in patria.

“Ho lavorato per due mesi con la Loren, ho quasi tutte le scene con lei. La miniserie è tratta dal libro con lo stesso titolo “La mia casa è piena di specchi” della sorella della Loren, Maria Scicolone, e racconta la storia di tre donne, la madre di Sofia Loren, e le sue due figlie. Sofia interpreta sua madre, Margareth Madè interpreta Sofia da giovane, mentre io faccio la parte della sorella, Maria. Praticamente tutte le scene e tutto il mio percorso nel film l’ho fatto insieme alla Loren” racconta Xhilda.

Com’è lavorare con una diva del cinema?
Il primo giorno non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso. Non è facile realizzare che stai lavorando accanto ad una stella. Sei cresciuto col suo mito, hai visto tanti dei suoi film. Ha lavorato veramente con tutti i più grandi, registi e attori. E oggi la vedi che ha 75 anni, con una vita così, più piccola della mia, elegante e in forma. Il primo giorno la fissavo con gli occhi, sconvolta. Per farla breve, è stato un privilegio lavorare con la Loren. Lei è una grande attrice, ma anche molto ironica. Ha un’ironia di fondo che è bellissima.

Era la Loren che ti immaginavi?
Sapevo già che è una grande attrice, sia drammatica che della commedia italiana. Lei è bravissima in tutto questo. Ma non sapevo che è una donna ironica, generosa al lavoro, semplicissima. Veniva al mattino sul set e salutava tutti, dall’ultimo al primo, cosa che molti attori non fanno. Lei era gentilissima con tutti e infatti la adoravano tutti. Un’altra cosa: i grandi attori hanno una controfigura o qualcun’altro che dà le battute per loro (quando non vengono inquadrati). Lei invece mi dava tutte le battute di persona, stava sul set fino a che non finivano le riprese, anche se poteva essere stanca. Quindi generosa e grande professionista.

Hai fatto tv, teatro e cinema. Hai un curriculum ricco per la tua età.
Non mi sembra. Ma comunque sono orgogliosa di poter dire che mi mantengo con questo lavoro, perché in una certa maniera questo dimostra che lo faccio seriamente, non è semplicemente una passione ma qualcosa di più importante per la mia vita.

Fai parte di quella generazione che ha lasciato l’Albania in tenera età, per venire, nel nostro caso, in Italia. Qui sei cresciuta, hai studiato e oggi lavori. Quanto ti senti albanese?

Sono venuta a Roma con i miei genitori quando avevo dieci anni, ma prima di tutto vorrei dire che sono molto grata a loro che hanno sacrificato sé stessi, hanno lasciato tutto, per il futuro di noi figli che non vedevano nell’Albania dell’epoca.Per quanto riguarda il fatto di essere albanese cresciuta in Italia, posso dire che oggi capisco il significato della parola “apolide”, perché mi capita di sentirmi straniera qui e straniera in Albania.

Perché?
Mi spiego meglio: sono albanese perché mi porto la cultura dei secoli addosso, quella ce l’ho nel Dna, ma dall’altra parte sono anche straniera in Albania, per il semplice fatto che la conosco poco, sono andata lì poche volte. E forse sono così campanilista proprio perché la conosco poco fisicamente, perché mi sono rimasti impressi i profumi e i luoghi dell’infanzia che non troverei più nell’Albania di oggi. Anche la lingua, la parlo, riesco a leggerla, ma non riesco a esprimermi in albanese. Le strutture delle mie frasi in albanese sono semplici, quelle di una bambina di 10 anni, quindi non riuscirei a parlare seriamente di un argomento.

Hai avuto difficoltà appena arrivata in Italia?
Io in Albania facevo danza e quando sono venuta qui ho fatto l’esame di ammissione all’Accademia nazionale di danza e volevano mettermi due anni avanti rispetto alla mia età perché ero più preparata dei miei coetanei italiani, grazie al rigore delle scuole artistiche in Albania. Nelle altre materie, all’inizio avevo difficoltà, perché non sapevo una parola di italiano. Ma durò poco, due-tre mesi, perché stando a scuola tutto il giorno fra ragazzi italiani e studiando, la lingua la impari ben presto.  Quando, per problemi di salute, ho smesso con la danza, ho pensato seriamente di diventare attrice. Ho studiato recitazione in una scuola privata presso a un teatro e ho seguito un corso di dizione. Oggi credo di parlare bene l’italiano, ma specialmente perché mi piace tanto leggere, li divoro. Però mi sarebbe piaciuto avessi studiato un po’ meglio la grammatica…

E oggi?
Nella vita quotidiana le difficoltà maggiori, credo, le abbiano passate i miei genitori. Anche se sono sicura che i problemi dipendono dalle persone che incontri: ci sono persone a cui non fa effetto il diverso, lo straniero, anzi lo vedono questo come un arricchimento, ed ci sono persone che hanno una certa diffidenza… Una cosa che mi dà molto fastidio è quando parli con una persona che non sa che sei albanese e nel momento che gliela dici ti risponde stupito: “Ma non sembra!”. Cercando di farti un complimento ti dicono “Non sembri albanese”, il che mi fa veramente arrabbiare e chiedere “Ma, perché, come sono gli albanesi?”. Questa cosa mi lascia perplessa, tuttora, nonostante tutti questi anni che vivo qua e sento questa frase. A volte, quando dici che sei albanese noti un cambiamento delle pupille dell’interlocutore. E non capisci bene cos’è: diffidenza, paura, stupore…
Per certi aspetti, un altro momento che mi fa sentire non tanto bene è quando vado a rinnovare il permesso.

Hai ancora il permesso di soggiorno?
Ebbene si, anche se sto qui da 17 anni non ho ancora la cittadinanza italiana, sai com’è. Vado in questura, mi guardano i documenti e come vedono “lavoro autonomo” cominciano le domande: “Che lavoro fai?”, “Ah, attrice! E che film fai?”. Magari non si interessano per niente del cinema, ma in quel momento magari pensano: “Albanese, attrice? Chi sa che film fa?”.

Ti senti discriminata?
In generale, tolti questi pochi momenti, non mi sento discriminata. Noi albanesi siamo un popolo di individualisti, e infatti una “Albania town” o “little Albania” non la trovi mai da nessuna parte. Per di più siamo molto orgogliosi, a volte anche stupidamente. E io in questo sono molto albanese: a volte, per rabbia, ho insistito sul fatto di essere albanese. Il mio orgoglio mi portava a rivendicare le mie radici.

Anche questa XH nel nome fa parte della tua albanesità? Te l’avranno chiesto decine di volte di cambiare il tuo nome in Gilda?
Chiesto dici? A volte mi cambiano il nome senza avvisarmi nemmeno, il che mi dà molto fastidio. Prima di tutto il mio nome, Xhilda Lapardhaja, mi sembra molto musicale. Mentre la XH la trovo molto bello e un elemento qualsiasi distintivo. Mi ricordo una volta tanti anni fa, Dino Risi mi chiamo per un provino per il film televisivo “Le ragazze di Miss Italia”. Mi disse: “Fossi in te, io mi farei cambiare il nome e mi farei chiamare Gilda Lapàr”. Lo guardai stupita e dissi: “Cosa? No grazie, per adesso tengo il mio”.

Keti Biçoku

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