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Flussi. Uil: “No al ritorno in patria per il visto”

Loy: "I lavoratori scelti rischiano l’espulsione. Il governo trovi un meccanismo legale"

Roma  – 22 dicembre 20101 – “Bene il decreto flussi, ma il governo dovrebbe trovare un sistema per non costringere i lavoratori che sono già qui”. 

Così Guglielmo Loy, segretario confederale della Uil. Il sindacato esprime un  “giudizio largamente positivo” sui nuovi ingressi, “perché è dal decreto flussi del 2007 che non c’era modo di entrare in Italia, regolarmente, per lavoro ed anche perché questo avviene in un periodo ancora di crisi economica e, dunque, appare maggiormente coraggioso”.

C’è, però, il solito problema. Nel mondo ideale,  i flussi di ingresso riguardano lavoratori ancora all’estero chiamati in Italia da famiglie i imprese. Nel mondo reale, servono a regolarizzare lavoratori stranieri che sono già qui senza permesso di soggiorno.

“Se le aziende e le famiglie che li chiedono otterranno l’autorizzazione,  i lavoratori saranno, comunque, obbligati a tornare nel loro Paese” ricorda Loy, riferendosi al viaggio per andare a prendere il visto di ingresso. Prima di prendere il visto, questi lavoratori sono però a tutti gli effetti dei clandestini, e quindi rischiano “di essere fermati in uscita alla frontiera ed espulsi”.

“Chiediamo, dunque, al Governo – conclude il sindacalista –  la stessa cosa che abbiamo chiesto all’Esecutivo precedente: trovare un meccanismo legale che permetta l’assunzione di questi lavoratori, senza che siano obbligati al calvario del rientro in Patria evitando così di ingrossare il troppo grande bacino del lavoro irregolare”.

Il “meccanismo legale” per esaudire questa richiesta sarebbe però una regolarizzazione “vera”. Il governo per ora sembra invece disposto solo alla solita regolarizzazione mascherata da  flussi di ingresso.

EP

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