La popolazione straniera residente in Italia al 1° gennaio 2008, sulla base dei dati forniti dal rapporto 2008 ISTAT, è arrivata a circa 3,5 milioni di persone (il 5,8 per cento del totale dei residenti). Il Commissario europeo Jacques Barrot (responsabile per Giustizia, Libertà e Sicurezza) il 17 giugno 2008, durante la conferenza stampa per la presentazione del pacchetto immigrazione e asilo della Commissione europea, ha reso noto che ogni anno giungono in Europa circa un milione e mezzo / due milioni di stranieri (si tratta di un dato approssimativo). Si è calcolato, inoltre, che l’Europa da qui sino al 2030-2040 avrà un deficit demografico di circa 20 milioni di persone che potrà essere assorbito grazie alla presenza straniera.
Il fenomeno crescente dell’immigrazione – indice di una società che ha già iniziato un percorso di trasformazione e che è destinata a confrontarsi con una realtà sempre più multietnica – deve essere guardato come un arricchimento umano e materiale, in grado di apportare prosperità economica e culturale. Le ragioni di questa tendenza immigratoria sono principalmente individuabili in motivazioni di carattere economico e lavorativo, ma anche legate a ragioni di ricongiungimento familiare, protezione internazionale, riconoscimenti dello status di rifugiato.
Anche i mutamenti geo-politci, soprattutto nel quadro europeo, hanno determinato un fattore di crescita di flussi migratori.
Rispetto a questo quadro generale europeo, l’Italia ha giocato e continua a giocare un ruolo attivo, in considerazione della propria posizione geografica che la rende sia Paese di destinazione che di transito.
Basti pensare al forte flusso migratorio proveniente da Paesi come la Romania la cui presenza in Italia è oggi la più numerosa.
Le reazioni scatenate dalla presenza straniera nell’opinione pubblica italiana sono state di vario genere e spesso contrastanti, infatti accanto ad atteggiamenti di forte e crescente intolleranza hanno trovato sviluppo in varie realtà locali, efficaci politiche di interazione e integrazione sociale. Le parti politiche, dal canto loro, hanno allo stesso tempo, da un lato stimolato un dialogo con i rappresentanti delle parti sociali (minoranze, società civile, mondo associazionistico ecc.) e, dall’altro, adottato provvedimenti urgenti sulla scia di un diffuso senso di insicurezza tra la popolazione contribuendo, così, ad influenzare il sentimento di timore legato sia a motivi di ordine politico e sociale sia al rischio concreto di essere vittima di un reato. La percezione del pericolo ha, a sua volta, incrementato l’adozione di comportamenti di carattere discriminatorio, a volte legati ad un tentativo di autodifesa, spesso invece sorretti da gravi atteggiamenti culturali di matrice razzista e xenofoba, lesivi della dignità personale.
La vittima, tuttavia, nonostante avverta il sentimento di disagio provocato dal comportamento discriminatorio subito, in molti casi, non ha gli strumenti necessari sia per riconoscere in quel determinato comportamento od atto una discriminazione realizzata a proprio danno (spesso si tratta di molestie e messaggi subliminali), sia per denunciare l’evento stesso.
A determinare tale situazione contribuiscono diverse ragioni: la vulnerabilità del soggetto leso, il timore della vittima di potere subire ritorsioni a causa delle propria denuncia, la non conoscenza della normativa che lo tutela davanti ad atti o comportamenti discriminatori, il disagio legato alla lingua, la difficoltà di accesso agli uffici preposti alla lotta contro ogni discriminazione.
È proprio da questo sentimento di confusione e di incertezza che accompagna la popolazione straniera presente in Italia che è nata l’esigenza di realizzare un prontuario che individui gli ambiti in cui sono maggiormente frequenti i casi di discriminazione e le tipologie in cui gli stessi si concretizzano, nonché di fornire alcuni strumenti di tutela.
TORNA ALL’INDICE |
AVANTI>> |