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Arbër, Alberto, Albero e il primo giorno di scuola

di Arbër Agalliu. Ricordo quel giorno di fine Settembre del 1998, ero felice ed impaurito allo stesso tempo, stavo per affrontare il mio primo giorno di scuola, il primo giorno in una scuola italiana. Mi avvicinai al cancello e notai un immenso giardino verde curato.

Mentre entravo ammiravo le grandi vetrate delle finestre, non ero abituato a vederle, nell’Albania del ’97 dove ogni edificio pubblico era stato distrutto dai vandali, compresa la mia vecchia scuola. Osservavo stupefatto gli ambienti colorati che caratterizzavano la scuola L.L. Radice di Sesto Fiorentino. Spiavo incuriosito dalle porte socchiuse delle aule gli altri bambini che parlavano, ridevano, cantavano in coro e a me bastava questo per essere felice.
 
Allo stesso tempo ero impaurito, la nuova lingua rappresentava un ostacolo enorme, le uniche parole che conoscevo erano “Sì” e “No”, ma non capendo l’italiano anche il loro utilizzo era pressoché inutile.

Ricordo il primo impatto con la nuova classe, fu un disastro. I compagni mi facevano  mille domande ed io, non capendo quello che mi chiedevano stavo zitto, in silenzio senza dare alcuna risposta che potesse soddisfare le loro curiosità.

Il problema della lingua mi isolò dal resto della classe ed in poco tempo venni preso di mira da tutti i bambini. Ero visto come il diverso, non avevo un nome proprio perché tutti mi chiamavano Albanese, parola sentita e risentita dai bambini in casa, nelle emittenti televisive ed in tutto l’ambiente che li circolava.

Non so perché ma in quel periodo la parola albanese aveva assunto un valore negativo, era sinonimo di stronzo o comunque veniva utilizzato come dispregiativo per offendere qualcuno.

Io un nome l’avevo, Arbër, ma risultava difficile da pronunciare nel nuovo Paese che mi ospitava, quindi lo hanno italianizzato, c’era chi mi chiamava Alberto, chi Albert e chi addirittura Albero….

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