Il cestista romano ha ancora le idee confuse su cosa vuole fare da grande, "ma un punto fermo ce l’ho: continuare a giocare".
Roma – 30 maggio 2013 – Diciannove anni, nato e cresciuto a Roma da genitori Camerunensi, Auguste Dassas è un vero sportivo e di razzismo non ne vuole nemmeno sentir parlare.
“Ho iniziato a praticare sport da quando ero piccolissimo. Avevo sei anni quando ho toccato il primo pallone da calcio. Ci ho messo un po’ di anni prima di trovare lo sport adatto a me. Ho fatto nuoto e karate, ma quando ho conosciuto il basket è stato amore a prima vista”.
“Dai tredici anni ho iniziato la pallacanestro. Vidi un gruppo di ragazzi giocare in un cortile e chiesi di poter partecipare. Mi sono reso conto che non era difficile e tutto sommato me la cavavo. Questo fu il primo approccio con il canestro e oggi sono sei anni che pratico questo sport”.
“Attualmente faccio parte della “Black Eagles” nella Lega D, nel ruolo di playmaker o guardia. Siamo in testa nella classifica, nel pieno del campionato regionale, domenica giochiamo i playoff con una delle squadre più forti, speriamo vada bene”.
“Oltre a giocare, da qualche mese sono diventato arbitro iscritto alla federazione CSI. Giocando da così tanti anni è stato facile fare il corso”.
“L’anno scorso assieme alla maturità al liceo scientifico è arrivata anche la cittadinanza italiana, prima ero camerunense, oggi sono Italiano”.
“Per me questo è un anno di lavoro e riflessione. Ho preso una pausa dallo studio, attualmente lavoro in una catena di abbigliamento e calzature sportive. Mi trovo molto bene, ma da settembre mi voglio iscrivere all’università anche se non un po’ indeciso tra la facoltà di lingue e quella di economia. Un punto fermo ce l’ho: continuare a giocare”.
“Amo la Virtus Roma, i miei giocatori preferiti, però, sono tutti negli Stati Uniti. Infatti in Italia la pallacanestro non è molto seguita, il calcio, soprattutto a Roma, resta sempre lo sport più affermato. A differenza del calcio nel basket non ci può essere razzismo. E vorrei vedere: i più grandi giocatori sono tutti neri!”.
Samia Oursana