di Danuta Wojtaszczyk, caporedattrice di Nasz Swiat, il quindicinale dei Polacchi in Italia
Roma – 3 febbraio 2009 – Viviamo in un momento particolare nella storia della civiltà. Le società sono destinate a cambiare e ormai ci sono tanti modi per sentirsi europei. Ci si può sentire italo-polacchi o polacco-italiani o polacchi ed italiani, ci si può sentire italo-romeni, italo-francesi, italo-tedeschi e in tanti altri modi ancora. È importantissimo capire che le nostre comunità si riconoscano nei propri valori. E noi quali valori vogliamo tramandare ai nostri figli?
Il governo italiano cosa vuole trasmettere ai cittadini italiani?
Negli ultimi tempi sembrano affermarsi in Italia posizioni sempre più ispirate al principio della indesiderabilità dei cittadini stranieri. Non posso purtroppo evitare di constatare che alcuni esponenti del Governo e della Maggioranza abbiano messo in risalto solo gli aspetti negativi del fenomeno dell’immigrazione e che diverse misure messe in atto abbiano decisamente alimentato pregiudizi e malumori verso le comunità degli immigrati in Italia.
Non lo so, forse è anche giusto pensare che ognuno deve tornare a casa sua. E magari chissà saremmo tutti più tranquilli se ci chiudiamo ognuno a casa propria a guardare i nostri stretti orizzonti. Ma se invece noi Europei vogliamo veramente salvaguardare il patrimonio culturale del nostro continente, delle nostre culture, delle nostre lingue e dei valori universali tramandati con tanto sacrificio dai nostri avi dobbiamo imparare a convivere rispettandoci reciprocamente.
Faccio un esempio banale: se vedo qualcuno che sta devastando le aiuole nel quartiere dove abito, come mi comporto? La risposta dovrebbe essere una sola: reagisco e denuncio subito il vandalo.
Invece per chi non si sente a casa sua non è così, potrebbe infatti decidere di non fare niente.
Non importa di che nazionalità sia il vandalo nè chi lo ha scoperto a rovinare gli angoli delle città. È importante capire che ci vuole l’interesse di chi governa a fare in modo che chi risiede sul territorio nazionale si senta partecipe nella vita sociale di tutti i giorni.
Il modo migliore per insegnare il rispetto è dare il buon esempio. È questo il punto. Lo Stato per primo dovrebbe dimostrare che il rispetto è un valore fondamentale in un Paese civile e democratico.
L’immigrazione in Italia come negli altri paesi dell’UE è ormai un fenomeno strutturale. La partecipazione dei cittadini stranieri alla vita civile, politica, economica e culturale della comunità nazionale è una risorsa positiva, la base reale su cui costruire l’integrazione. In Italia oggi vivono quasi 4 milioni di stranieri di cui un milione sono i cittadini comunitari. È ovvio che il diritto al voto è uno strumento fondamentale per sentirsi partecipi alla vita sociale.
Perché si è voluto che tutti i cittadini comunitari abbiano diritto di voto amministrativo non solo nel Paese di provenienza ma anche in quello di residenza all’ interno dell’ Unione Europea? Perché abbiamo lo stesso obiettivo: salvaguardare la ricchezza del nostro continente e conservare un universo di valori. In Italia purtroppo questo diritto di voto rimane il più delle volte sulla carta, come denuncia l’interpellanza urgente al presidente del consiglio e al ministro dell’Interno presentata dal Pd e a prima firma dall’onorevole Rita Bernardini.
Perché accade questo? A mio avviso per il fatto che fino ad oggi c’è stato poco interesse da parte dei governanti per favorire una reale integrazione. Forse non è un caso che alla richiesta di informazione dei cittadini stranieri che vivono in Italia i media non solo non riescono a rispondere, ma tendono ad "inquadrare" l’immigrazione solo come cronaca nera, disagio, o nella migliore delle ipotesi, nelle sue implicazioni economiche e legate al mercato del lavoro. È arrivato il momento che lo stato ed i media, come la Rai, non parlino più solo ‘di’ immigrati, ma anche ‘per’ gli immigrati.
Visto il tema del nostro incontro: "Tutti possiamo votare purché si sappia" chiediamo di:
– lanciare le campagne di comunicazione in diverse lingue per i cittadini comunitari residenti in Italia, in primis sulla Rai.
– più formazione per i funzionari delle amministrazioni locali, che potrebbero anche inviare materiale informativo a casa dei potenziali elettori.
– agevolare la partecipazione alle elezioni.
Qui vorrei spiegare per quale motivo chiediamo di fornirci delle informazioni non solo in italiano ma anche nelle nostre lingue madri. Qualcuno potrebbe dire che è una richiesta maleducata visto che chi è ospite in un Paese prima di pretendere un cosa dovrebbe dimostrare rispetto nei confronti dei padroni di casa. Questo è vero ma come ho detto all’ inizio viviamo in un momento particolare della storia, sappiamo che le società sono destinate a cambiare e saranno sempre più multietniche.
È nel nostro interesse contrastare il fenomeno di imperialismo di una cultura sulle altre perché ogni popolo e ogni lingua possiede dei valori che fanno parte del patrimonio di tutta l’umanità.
Nessuna cultura né lingua è superiore all’altra. Ognuna costituisce un nostro tesoro comune che dobbiamo salvaguardare. Noi cittadini europei abbiamo un obiettivo comune: salvaguardarle tutte.
Non è un digressione questa che sto facendo ora e Vi spiego che questo discorso ha a che fare con il diritto di voto amministrativo.
Dunque visto in che direzione ci stanno portando i cambiamenti demografici ed economici che stanno avvenendo il tutto il mondo dobbiamo capire che è interesse di ogni Stato fare in modo che tutti i cittadini si sentano partecipi alla vita sociale. In poche parole conviene mettersi in testa non c’è tempo da perdere. Dobbiamo aiutarci a vicenda perché il meglio che possediamo non venga distrutto o perduto.
Tra pochissimi mesi quasi un milione di cittadini comunitari che vivono e lavorano in Italia potrebbero cominciare a sentirsi realmente partecipi nella vita del Paese e responsabile di quello che viene considerato il nostro bene comune. Potrebbero.
Non abbiamo molto tempo per iscriverci alle liste elettorali e molti di noi non sanno anche che possono esercitare questo diritto. Però tutti conosciamo il proverbio: volere è potere. E lo Stato italiano cosa vuole?
Danuta Wojtaszczyk
(Testo dell’ intervento al convegno “Tutti possiamo votare purché si sappia! – Roma, 23 gennaio 2009)