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Flussi 2008, lenti e inadeguati

La Lega ottiene uno “sconto” di 20mila quote, ma che fare del milione di irregolari che lavorano e vivono accanto a noi? di Giuseppe Casucci (Uil)

Roma, 5 dicembre 2008 – Il decreto flussi 2008 è un po’ il frutto dei tempi: della crisi economica ed occupazionale che già sta producendo notevoli danni al nostro tessuto produttivo, del pressing continuo esercitato dai mass-media sui temi migratori, nonché del notevole peso specifico che la Lega ha all’interno della maggioranza e, quindi, nelle decisioni prese da questo Governo. Un peso specifico che ha ottenuto uno “sconto” di 20mila quote: gli ingressi autorizzati saranno 150mila, rispetto ai possibili 170 mila.

Anche il sindacato deve fare i conti in modo pragmatico con  la crisi occupazionale che, specialmente nelle aree industrializzate del Nord del nostro paese, sta già producendo un notevole uso della cassa integrazione e della messa in mobilità: un problema che riguarda gli italiani, ma anche i lavoratori immigrati, anello debole del mercato del lavoro. Per loro il problema è doppio, in quanto al rischio di disoccupazione si somma quello della perdita del permesso di soggiorno (se entro sei mesi non trovano un nuovo lavoro) e quindi il rischio di finire nel grande bacino dell’irregolarità e lavoro nero.

Per questo la UIL ha chiesto al Governo di portare da sei mesi ad un anno la durata del permesso di soggiorno per ricerca di occupazione.

Dunque capiamo la logica del Governo di restringere il numero delle quote, ma vorremmo che questo venisse fatto a ragion veduta, rispondendo a precise esigenze del mercato del lavoro, piuttosto che come risultato degli equilibri politici interni alla maggioranza.

Intanto non avendo fatto un decreto fotocopia, era necessario attenersi alla procedura prevista dalla legge che impone la consultazione delle parti sociali ed i successivi passaggi con la Conferenza Stato – Regioni, Consiglio di Stato, ecc. Cosa che non è stata minimamente fatta: al contrario, i sindacati da mesi hanno chiesto un incontro con il Ministro Maroni senza ottenere  risposta.

Inoltre anche i criteri interni adottati nel decreto flussi appaiono di dubbia funzionalità: perché scegliere il limite restrittivo della carta di soggiorno e non invece quello più logico della verifica sulla reale consistenza del posto di lavoro e sulla sua vigente disponibilità? Si dà come l’impressione di voler tagliare il numero delle domande sulla base di un criterio etnico, piuttosto che garantire l’esistenza e la vigenza del posto di lavoro.

Ancora: non prevedere la possibilità di  presentare nuove domande – sia pur mirate a categorie produttive specifiche – crea problemi ad alcuni nostri segmenti produttivi che non avranno altra alternativa che pescare dalla manodopera immigrata presente in Italia, in gran parte irregolare e sommersa.

Qualcuno potrà obiettare che vi saranno più posti per gli italiani. Giusto. A condizione che le imprese ormai abituate alla manodopera immigrata  a basso costo, non pretendano di far lavorare gli italiani a condizione di dumping sociale.

Infine: abbiamo domande già vecchie di un anno, che vengono ripescate e analizzate. Il nulla osta arriverà 18 – 24 mesi dopo che la domanda è stata presentata. Poi l’immigrato (irregolare) dovrà tornare nel Paese d’origine per rientrare con il visto d’ingresso per lavoro. Alla fine saranno passati due anni o più dalla richiesta del datore di lavoro: quanti posti saranno ancora disponibili?

E’ possibile immaginare un meccanismo d’incontro tra domanda ed offerta di lavoro così lento e farraginoso?

Sappiamo tutti che le quote vengono in gran parte utilizzate da lavoratori irregolari già presenti nel nostro Paese, resta intatto il problema di come sanare una ferita nel nostro settore produttivo e occupazionale, che produce fenomeni di dumping sociale e forme gravi di sfruttamento di questi lavoratori. Resta intatta la domanda già rivolta in passato dalla UIL al governo: che fare delle molte migliaia di persone che vivono e lavorano accanto a noi in condizione di irregolarità e di assenza di diritti?

Giuseppe Casucci
Coordinatore Nazionale Politiche Migratorie della UIL

 

 

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