di Sergio Talamo ROMA, 7 luglio 2008 – Eccoli qui. Sembrano i personaggi di un documentario su qualche tribù australiana, e sarebbero anche pittoreschi se non fossero tutti reali, abitanti del 2008 e della civilissima Brescia. Una bimba serba di 11 anni viene venduta dal padre, per 17mila euro, ad un “marito” ventunenne kosovaro che la rende madre a 12 anni.
La loro storia riesce ad aggiungere qualcosa ad una già terrificante vicenda degli scorsi giorni: la sedicenne marocchina di Piacenza che finge un rapimento pur di non andare in moglie ad un ultrasessantenne, per decisione del padre che puntava alla dote dello “sposo”. Lei, almeno, ha provato a ribellarsi; poi, piangendo, ha raccontato alla polizia le botte del padre e dei fratelli per la sua vita “occidentale” e la condanna ad essere oggetto di una trattativa in cui era in gioco la sua vita.
La ragazzina-madre di Brescia, invece, non ha lacrime ma parole pacate. Dice agli agenti: “Da noi si usa così”. Il kosovaro è stato arrestato per violenza sessuale e riduzione in schiavitù. Ma il suo legale è già in azione. Spiega: “l’atto è riconducibile a costumi rom, ma anche musulmani, che prevedono matrimoni organizzati col consenso delle famiglie, e che avvengono anche quando gli sposi sono giovanissimi”. Poi aggiunge: il nome della bambina è già stato inserito nello stato di famiglia, “a dimostrazione della buona fede delle famiglie”, mentre i 17mila euro potrebbero essere “il ristoro” tradizionalmente assegnato alla famiglia della sposa per la perdita di una figlia. Conclusione: "Entrambe le famiglie sono distrutte, non capiscono che cosa stia succedendo. La ragazza, tra l’altro, era legatissima alla famiglia del mio assistito”.
Grazie, avvocato. Lei ci ha risparmiato complesse analisi sociologiche condite di sermoni sui rapporti fra le diverse etnìe, il relativismo culturale e il rispetto delle minoranze. Lei, che è italiano ed europeo a tutto tondo, ci ha spiegato cosa pensa un pezzo dell’evolutissima Europa in casi come questi: sono usi e costumi legittimati dall’istituto della famiglia; tradizioni locali in cui le famiglie, dopo aver trattato sul prezzo di un essere umano che non può difendersi, si stimano e si vogliono bene più di prima. Visto poi che il prezzo di una bambina non è che il giusto “ristoro”, tutti sono sorpresi dall’accanimento contro le loro secolari abitudini. Perché non ci mette, lei che è uomo di legge, anche “la diligenza del buon padre di famiglia”?
C’è però un’altra parte di Europa e di Italia che non la pensa così, e che deve farsi sentire sempre di più. E’ fatta di gente che non ci sta a chiudere gli occhi verso il ritorno alla società barbara nella quale la famiglia è un involucro che legittima ogni arbitrio; nella quale la vita delle donne e dei bambini è un costante sacrificio sull’altare del potere paterno e maschile. E’ un’Europa di persone che guardano con rabbia alla Cina, gigante del nuovo mondo dove vige l’aborto selettivo contro le bambine e dove una ragazza di 15 anni è stata stuprata impunemente da un rampollo di partito. E’ un’Europa di uomini e di donne che non tollerano che la loro società sia trascinata all’indietro da uomini violenti ed arretrati, cittadini del nostro Nord ricco e laico che si comportano come se fossero ancora dentro il loro califfato.
Se ancora abbiamo un barlume di dignità, e di orgoglio della democrazia, dovremmo aiutare la bimba-madre di Brescia a capire che ciò che ha subito non è una tradizione ma una squallida violenza. E’ anche l’unico modo per non ripetere all’infinito il supplizio di Hiina Salem, la ragazza pachistana ventenne che fu uccisa, sempre a Brescia, dal padre e da altri congiunti perché amava un ragazzo italiano. Anche per lei valsero le finzioni della famiglia che tutto risolve e tutto compone: non a caso, tutte le volte che Hiina si era rivolta alla polizia era stata sempre rimandata a casa.
Sergio Talamo