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La regolarizzazione va estesa

Roma – 25 settembre 2009 – Sembrava rischiare il flop la sanatoria di colf e badanti avviata dal governo, sulla base del cosiddetto ‘pacchetto anticrisi’ (legge 3 agosto 2009, n.102, articolo 1-ter), ma molto probabilmente la procedura si concluderà con un moderato successo. Certo i numeri finali saranno forse la metà di quelli previsti dagli esperti, ma è comunque probabile che entro il 30 settembre tra le 250 e le 300 mila domande saranno presentate dai datori di lavoro motivati a regolarizzare la posizione dei propri dipendenti di origine straniera.

In effetti, dopo una partenza decisamente fiacca, il numero di domande inviate via rete web è ora vicino a quota 200 mila e viaggia ad una media vicina alle 15-18 mila domande giornaliere trasmesse. I primi dieci giorni di settembre avevano visto una media quotidiana di poco superiore alle 5000 domande inviate, tra il 10 ed il 16 la media è cresciuta a 8 mila. Ma nell’ultima settimana l’invio giornaliero è balzato a quasi 13 mila domande e la tendenza è in accelerazione.

Sembra quindi che molti datori di lavoro incerti, che hanno mostrato cautela prima di avviare la procedura, si stiano decidendo a cogliere al volo questa più unica che rara opportunità data dal Governo di centro destra, prima che scadano i termini e scatti il reato di immigrazione clandestina per gli stranieri irregolari, ma anche il rischio il favoreggiamento all’immigrazione clandestina, reato che può essere contestato ai loro datori di lavoro.

Sono noti i limiti di questa normativa che hanno finito per influire sulle “prudenze” degli italiani:

a)    Il costo della regolarizzazione. Non si tratta solo di 500 € da versare all’Agenzia delle entrate, ma di un aumento del costo del contratto (deve essere almeno di 20 ore settimanali) che tra IRPEF e contributi sociali avrà un aumento attorno al 40%;

b)    La condizione minima di un contratto di almeno 20 ore settimanali, non considera che molte colf lavorano per molti datori di lavoro con orari individuali inferiori. Per loro è difficile trovare un datore di lavoro che faccia un contratto accorpato di 20 ore;

c)    Il reddito minimo per assumere la colf, fissato a 20mila euro (25 mila se ci sono più redditi in famiglia). Questa norma non contempla l’ipotesi, invece comune, che tali soggetti ricevano un aiuto economico dai parenti non conviventi, come nel caso di genitori anziani autosufficienti che vivono da soli e che ricevono un sostegno finanziario dai figli per avere qualcuno che si occupi di loro e della loro casa;

d)    La procedura di regolarizzazione non considerava finora la situazione del soggetto terzo (rispetto al datore di lavoro e al lavoratore) che ospita nel proprio alloggio, a qualsiasi titolo, lo straniero in fase di regolarizzazione. In casi come questo, la dichiarazione di emersione – dovendo il datore indicare la "situazione alloggiativa del lavoratore" – finiva per essere niente altro che una denuncia nei confronti dell’ospitante/locatore per i reati che commette concedendo l’alloggio ad uno straniero privo di titolo di soggiorno: reati non sospesi dalla regolarizzazione. Questo problema è stato comunque superato recentemente da una circolare del Viminale che attesta come l’adesione alla dichiarazione di emersione da parte del datore di lavoro determina la sospensione dei procedimenti penali ed amministrativi, nei confronti del datore di lavoro e del lavoratore, inerenti la procedura di regolarizzazione e che pertanto non può essere contestata alcuna presunta infrazione. Può essere invece contestata nel caso l’immigrato abiti in un alloggio diverso di chi sta facendo la domanda di emersione. In questo caso chi ospita in affitto un  irregolare rischia il carcere e la confisca della casa;

Queste ed altre limitazioni sono sicuramente alla base della lentezza iniziale nel flusso di domande e il limite complessivo di questa procedura di emersione che, malgrado un relativo successo complessivo, è ben lontana da poter sanare il grande numero di lavoratori domestici irregolari.

Resta inoltre il problema degli immigrati occupati nelle altre categorie in cui il lavoro nero immigrato è fortemente presente (agricoltura, servizi, industria)e che sono state escluse da questa procedura. Queste persone sono coinvolte in forma retroattiva dal reato di clandestinità, malgrado fossero presenti in Italia prima dell’approvazione della Legge 94/2009.

Consideriamo positiva la decisione di questo Esecutivo di sanare la situazione di una parte degli stranieri irregolari in coincidenza con un cambio della normativa. Positiva, ma parziale. Il Governo deve avere il coraggio di vincere le proprie resistenze interne ed estendere la regolarizzazione a tutti gli immigrati, impegnati in un lavoro onesto, presenti prima dell’entrata in vigore della nuova normativa.

Chiediamo anche di estendere i termini di durata della procedura in atto a tutto il mese di ottobre, modificando i termini relativi al reddito per chi fa richiesta di assunzione.

C’è infine un ultimo problema che riguarda i lavoratori stranieri il cui datore di lavoro non  vuole metterli in regola, malgrado ne abbiano un chiaro diritto. Nella sanatoria del 2002 il problema fu risolto in extremis, dando la possibilità all’immigrato di denunciare questa situazione e potendo accedere in questo modo alla procedura di emersione.

Chiediamo che il Governo prenda rapidamente una decisione analoga anche oggi. In caso contrario, l’ultima chance sarebbe per l’immigrato sfruttato quella di rivolgersi al giudice per vedere riconosciuti i propri diritti.

Ma questo è difficile che avvenga per chi teme di essere espulso. Si continuerà dunque ad alimentare un circolo chiuso di ricatto, sfruttamento ed impunità in un settore – quello dell’economia sommersa – che pesa almeno un quarto del nostro PIL nazionale.

Giuseppe Casucci, Coord. Nazionale UIL Politiche Migratorie

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