L’autocertificazione è una dichiarazione che un soggetto produce ad un organismo pubblico, in sostituzione di un determinato certificato.
La disciplina normativa è dettata in via principale dal D.P.R. 445 del 2000 che prevede quali situazioni sono autocertificabili da parte dei privati (articoli 46 e 47 del decreto). Per quanto concerne gli stranieri, occorre distinguere tra coloro che sono cittadini di Stati appartenenti all’Unione Europea e coloro che invece sono cittadini extracomunitari.
I primi possono autocertificare tutte le situazioni contemplate dal citato testo di legge, in quanto ciò è espressamente previsto.
Gli stranieri cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti in Italia possono invece usare la procedura di autocertificazione, in via generale, limitatamente agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani (quindi ad esempio potrà essere autocertificata la residenza in Italia, lo stato di famiglia in Italia, i carichi penali o pendenti relativi ai procedimenti in Italia, ecc.) e nei casi in cui l’utilizzo dell’autocertificazione avvenga in applicazione di convenzioni internazionali fra l’Italia e il paese di provenienza del dichiarante.
Le situazioni che le Autorità italiane non possono verificare (ad esempio la nascita nel proprio Paese di origine, il matrimonio all’estero, i carichi penali o pendenti nel proprio Paese di origine) devono essere necessariamente attestate mediante la produzione dei documenti originali del Paese di origine e non possono essere autocertificati (in tal senso si sono espressi anche i Ministeri dell’Interno e della Pubblica Amministrazione nella circolare congiunta n. 3 del 2012 “ove il dato richiesto attenga ad atti formati all’estero e non registrati in Italia o presso un Consolato italiano deve procedersi all’acquisizione della certificazione prodotta dal Paese straniero, legalizzata e tradotta all’estero nei termini di legge”) .
Dichiarazioni false
La dichiarazione rilasciata mediante un’autocertificazione è destinata a provare la verità di quanto dichiarato.
Ciò significa che quanto dichiarato si presume sia vero. E’ però bene ricordare che le Pubbliche Amministrazioni che accettano le autocertificazioni sono tenute a procedere ad idonei controlli, anche a campione, sulla veridicità delle dichiarazioni. Se i controlli riguardano dichiarazioni sostitutive di certificazioni, l’Amministrazione procedente richiede direttamente all’Amministrazione competente per il rilascio della relativa certificazione conferma scritta, della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei registri da essa custoditi. Qualora la dichiarazione non corrisponda al vero, si risponderà certamente dei reati di falso (“chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia.”).
Quali tipi di reati sono configurabili
Il codice penale prevede sanzioni molto gravi per chi rilascia false dichiarazioni.
L’articolo 483 c.p. prevede che chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni. Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile la reclusione non può essere inferiore a tre mesi.
Ancora, è punito con la reclusione da uno a sei anni chi dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l’identità, lo stato o altre qualità della propria o di un’altra persona (articolo 495 del codice penale).
Viene poi espressamente punita anche l’esibizione di un atto falso. Il decreto prevede infatti che l’esibizione di un atto contenente dati non rispondenti a verità equivale ad uso di atto falso. In questo caso il reato viene commesso se c’è consapevolezza che quanto è dichiarato nell’autocertificazione non corrisponde al vero.
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