L’impresa familiare
Dal 1975, è stata introdotta nel sistema italiano l’impresa familiare. Tale impresa, ricorre automaticamente quando un soggetto che svolge un’attività imprenditoriale nella forma della ditta individuale assume come collaboratori, familiari che svolgono in modo continuativo la propria attività all’interno della ditta. Il lavoro, che può essere di varia natura, deve però riguardare sempre e solo l’attività di impresa, ed i collaboratori dell’imprenditore possono essere solo suoi stretti familiari.
Esempi tipici di imprese familiari possono essere rintracciate ad esempio per la gestione di negozi o ristoranti oppure per imprese agricole e così via. Tre sono gli elementi che caratterizzano l’impresa familiare: La creazione o l’esistenza di una impresa; il fatto che i collaboratori dell’imprenditore siano suoi familiari; il fatto che i familiari collaboratori svolgano un lavoro effettivo all’interno dell’impresa e non occasionale. Ogni collaboratore dell’impresa ha diritto ad una quota in proporzione al lavoro o all’attività prestata.
In presenza di questi elementi, l’impresa familiare viene considerata sempre come impresa individuale.
Costituzione dell’impresa familiare
Per costituire un’impresa familiare è necessario recarsi da un notaio e redigere un atto scritto (atto pubblico o scrittura privata). L’impresa familiare può derivare da un’impresa individuale già esistente oppure essere costituita dall’inizio davanti al notaio. Nell’atto, va indicata l’attività che viene esercitata, chi è il titolare dell’impresa, i suoi collaboratori ed il loro grado di parentela con l’imprenditore, la percentuale con cui i collaboratori partecipano ai guadagni.
Dopo la redazione dell’atto dal notaio, entro 30 giorni, la nascita dell’impresa familiare va comunicata al Fisco tramite gli uffici dell’Agenzia delle Entrate.
I familiari collaboratori
Non tutti i familiari collaboratori dell’imprenditore fanno si che l’impresa sia considerata come familiare. La legge infatti, prevede che solo i parenti più stretti dell’imprenditore possano essere considerati come suoi collaboratori nella nozione di impresa familiare. In particolare, sono considerati collaboratori i familiari più stretti come il coniuge; i parenti entro il terzo grado (figli o discendenti, fratelli, zii e nipoti, nonni e bisnonni); e gli affini entro il secondo grado (cognati, suoceri, generi e nuore).
L’imprenditore
L’imprenditore è il capo ed il responsabile dell’impresa. E’ l’unico responsabile per gli atti di ordinaria gestione dell’attività e per le obbligazioni che vengono assunte, come ad esempio per l’acquisto e la vendita di materiali necessari all’attività dell’impresa.
I vantaggi per i collaboratori
I familiari dell’imprenditore che collaborano all’attività di impresa hanno notevoli vantaggi.
Nell’esercizio dell’attività infatti hanno la facoltà di indicare gli indirizzi produttivi delle attività, hanno la facoltà di indicare come impiegare gli eventuali utili derivanti dal reddito prodotto dall’impresa, ed hanno diritto di partecipare alle decisioni che riguardano gli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione, nonché alla decisione di sciogliere l’impresa.
Le decisioni determinanti per la vita dell’impresa familiare vengono prese con la partecipazione di tutti i collaboratori indipendentemente dalle quote di partecipazione e si prendono a maggioranza, cioè ogni collaboratore rappresenta un voto.
Altro importante vantaggio per i collaboratori dell’imprenditore è dato dal fatto che, nonostante la partecipazione dei familiari all’attività dell’impresa, non sono considerati responsabili per le obbligazioni assunte nei confronti dei terzi (ad esempio contratti per forniture di materiali).
Se un familiare ha dei debiti, i creditori non possono pignorare i beni dell’impresa né espropriare la sua quota di partecipazione all’impresa. I creditori possono agire solo sugli utili che spettano al collaboratore derivanti dall’attività imprenditoriale.
Infine, i familiari non partecipano alle perdite dell’impresa familiare.
I limiti dell’impresa familiare
Il familiare che presta attività nell’impresa di famiglia, può cedere la sua quota solo ad altri familiari tra quelli indicati dalla legge. Al di fuori dei parenti la quota non può essere ceduta.
Come già accennato, ogni collaboratore dell’impresa ha diritto ad una quota in proporzione al lavoro prestato nell’attività. Le quote di tutti i collaboratori non possono essere però superiori al 49% delle quote totali, in quanto l’imprenditore, che è il capo dell’impresa, deve avere il 51% delle quote. Di conseguenza anche gli utili derivanti dal reddito prodotto dall’attività, possono essere suddivisi tra i collaboratori nel massimo del 49% in proporzione alle quote possedute.
La perdita della quota di partecipazione
La quota si perde a causa della morte del collaboratore, oppure per cessazione del rapporto familiare (ad esempio per divorzio). La quota di partecipazione si perde inoltre, se un familiare decide per giusta causa di andarsene dall’impresa, oppure se è escluso dagli altri collaboratori insieme all’imprenditore. Il collaboratore che esce dall’impresa ha diritto che la sua quota sia liquidata in denaro.
La morte dell’imprenditore
Al momento della morte dell’imprenditore possono accadere due cose.
Può accadere che l’imprenditore indichi nel testamento il suo successore per la guida dell’impresa familiare.
Oppure, può accadere che l’imprenditore non indichi nessuno come suo successore. In questo secondo caso gli eredi hanno diverse possibilità. Possono scegliere di non continuare l’attività e sciogliere definitivamente l’impresa, oppure affidarla ad altri soggetti, oppure possono decidere di continuare l’attività e nominare tra loro un nuovo imprenditore. E’ opportuno ricordare che in caso di morte dell’imprenditore i familiari collaboratori hanno il diritto di subentrare a lui rilevandone la quota.
L’impresa coniugale
L’impresa coniugale è una particolare impresa familiare nella quale marito e moglie gestiscono entrambi l’impresa.
L’impresa coniugale si costituisce dopo il matrimonio.
Non ci sono particolari forme per l’impresa coniugale però, è condizione essenziale che i coniugi siano in come legale dei beni. Nel sistema italiano infatti, i coniugi al momento del matrimonio possono scegliere se essere in separazione dei beni oppure in come.
I creditori dell’impresa coniugale possono soddisfare i loro crediti oltreché sui beni dell’impresa, anche sui patrimoni personali dei coniugi.