La mia colf è una cittadina ucraina senza permesso di soggiorno: cosa rischio? Sono tenuto a pagarle le ferie, la tredicesima e a applicare le regole del contratto collettivo domestico?
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9 marzo 2009 – Secondo il testo unico per l’immigrazione, il D. lgs. 286/98, il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze un lavoratore extraUe sprovvisto di permesso di soggiorno (non lo ha mai avuto, gli è stato revocato, oppure una volta scaduto non lo ha rinnovato) è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa di 5.000 euro per ogni lavoratore irregolarmente occupato.
Lo scorso luglio (L. 125/08 art. 5) è stato così modificato l’originario art. 22 del summenzionato testo unico, inasprendo notevolmente le sanzioni (arresto da tre mesi ad un anno).
Attenzione!! le sanzioni penali si applicano anche se il lavoratore è in possesso di un permesso di soggiorno che non consente di svolgere un’attività lavorativa (es. dichiarazione di presenza che ha sostituito il permesso di soggiorno per turismo).
Per non correre rischi è quindi importante verificare se la colf possiede un permesso di soggiorno e la motivazione di questo. Sui nuovi permessi di soggiorno elettronici non è indicata la motivazione e fin quando non verranno sostituiti dai nuovi permessi (in fase di attuazione) il datore di lavoro ha l’onere di accertare il possesso del titolo di soggiorno.
Questo principio è stato più volte ribadito dai Tribunali, nonché da recenti pronunce della Suprema Corte di Cassazione.
Se la colf è irregolare, il datore di lavoro è comunque tenuto ad applicare i principi generali in materia di diritto del lavoro. Nel momento della “assunzione”, sebbene non formalizzata all’Inps, si perfeziona un vero e proprio rapporto di lavoro, con tutti gli obblighi/diritti connessi.
Il datore di lavoro è tenuto quindi a pagare la tredicesima, le ferie e soprattutto la retribuzione secondo i minimi tabellari stabiliti annualmente dall’Inps. In caso si cessazione del rapporto di lavoro la colf può comunque rivendicare le somme maturate e non percepite e in caso di disaccordo con il datore di lavoro, ha diritto ad adire il Giudice del Lavoro competente al fine di vedersi riconoscere i diritti maturati.
Si tenga presente che in sede europea lo scorso Febbraio il Parlamento ha approvato una direttiva che prevede aspre sanzioni, sia civili che penali, a carico dei datori di lavoro in caso di rapporti di lavoro con stranieri irregolari.
Tale direttiva vieta l’assunzione di cittadini extraUE soggiornanti illegalmente e stabilisce norme minime comuni relative a sanzioni applicabili ai datori di lavoro che violano tale divieto. In caso di contravvenzione a tale divieto il datore di lavoro sarà tenuto a versare un importo pari alle tasse e i contributi previdenziali che avrebbe versato in caso di assunzione legale, incluse le penalità di mora e le relative sanzioni amministrative. Sono previsti anche sistemi di tutela sindacale per gli immigrati clandestini, i quali, in casi di grave sfruttamento (vittime di tratta), potranno chiedere un permesso di soggiorno se denunceranno i datori di lavoro “colpevoli”.
Avv. Mascia Salvatore