2 settembre 2013 – Ai sensi dell’articolo 5, comma 9bis del D.Lgs. 286/98, lo straniero che, nelle more del rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno, è in possesso delle ricevute postali o dai cedolini che attestino l'effettiva richiesa del documento, può legittimamente svolgere un’attività lavorativa fino ad un eventuale comunicazione dell’Autorità di Pubblica Sicurezza.
Ci sono tuttavia alcune tipoligie di soggiorno che non permettono l’assunzione dei cittadini extracomunitari: cure mediche, turismo, motivi religiosi, minore età, affari e giustizia. È necessario, dunque, verificare il tipo di permesso di soggiorno, per cui è buona prassi avere una fotocopia dello stesso nel caso in cui si abbia richiesto il rinnovo.
L’attività di lavoro può essere svolta se, al momento della stipula del contratto, lo straniero ha presentato la richiesta di rinnovo prima della scadenza del titolo di soggiorno o entro 60 giorni dalla scadenza dello stesso; inoltre deve essere in possesso delle ricevute postali che attestano l’avvenuta richiesta di rinnovo.
I datori di lavoro che intendono impiegare cittadini non comunitari regolarmente soggiornati devono inviare, entro le 24 ore del giorno precedente all’assunzione, il modello di comunicazione obbligatoria “UNILAV” al Centro per l’Impiego competente. Nel caso in cui si tratti dell’assunzione di una collaboratrice domestica, la comunicazione deve essere inoltrata all’INPS competente (la competenza viene determinata dalla città in cui si trova la sede di lavoro). Una copia di questa comunicazione deve essere rilasciata allo straniero che dovrà portarla in Questura per perfezionare la pratica per il documento di soggiorno.
Nel caso in cui si verifichino motivi ostativi per il rilascio del documento, anche il datore di lavoro dovrà essere informato del fatto, evitando così che possa essere punibile per occupare alle proprie dipendenze uno straniero privo di un valido titolo di soggiorno. Si ricorda che la punizione prevista, se si verifica il reato, è la reclusione da 6 mesi a 3 anni e una sanzione amministrativa pari a € 5.000 per ogni lavoratore impiegato (art. 22, comma 12 del D.Lgs. 286/98).
D.ssa Maria Elena Arguello