Roma – 23 ottobre 2014 – Da un anno e mezzo a tre mesi. Ed è un bel salto di civiltà.
Alla fine il Parlmamento ce l'ha fatta a ridimensionare drasticamente il periodo massimo di permanenza dietro le sbarre dei Centri di Identificazione ed Espulsione di chi ha l'unica colpa di essere in Italia senza permesso di soggiorno. D'ora in poi non potrà "essere superiore a novanta giorni" e se entro quel termine non si riuscirà a rimpatriare l'immigrato, bisognerà liberarlo.
É scritto nella legge europea 2013 bis approvata lunedì definitavamente dalla Camera dei Deputati, ora manca solo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Addio quindi al termine di 18 mesi introdotto nel 2011 dalla Lega Nord, quando era a governo il suo ministro dell'Interno Roberto Maroni. Un trattenimento così lungo, lo dicono i dati, non ha reso più efficaci le espulsioni (meno del 50% trattenuti viene effettivamente rimpatriato), però ha fatto aumentare nei Cie tensione e disperazione, quindi rivolte e atti di autolesionismo.
"Una buona notizia: finalmente ridotto il periodo di permanenza nei Cie" commenta su Facebook il senatore del Pd Luigi Manconi, autore con il collega Sergio Giudice dell'emendamento sui novanta giorni.
"La riduzione – scrive Manconi – potrebbe riportare i CIE a quella che dovrebbe essere la sola funzione: luogo di transito in vista dell'identificazione e dell'eventuale rimpatrio, evitando lunghe detenzioni immotivate di chi non ha commesso reati ma si trova solo in uno stato di irregolarità amministrativa. E che, in ragione di queste irregolarità, subisce nei Cie trattamenti spesso inumani e continua mortificazione della sua dignità".
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