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Cassazione: “Legittimo discriminare nomadi ladri”

Annullata condanna al sindaco di Verona Tosi. "Discriminazione per diversità è diversa da discriminazione per criminosità"

Roma – 30 giugno 2008 – Per "temi caldi come quello della sicurezza dei cittadini" bisogna fare attenzione a non accusare i politici di commettere incitamento all’odio razziale quando intendono prendere iniziative discriminatorie non in nome della diversità razziale ma a fronte dei "comportamenti criminali" di soggetti di determinati gruppi.

È in base a ragionamenti di questo tipo che la Terza sezione penale della Corte di Cassazione ha annullato una condanna a due mesi di reclusione per "propaganda di idee disciminatorie" a carico del sindaco leghista di Verona Flavio Tosi, chiedendo un nuovo esame alla Corte di Appello.

Tosi, insieme ad altri quattro leghisti (Matteo Bragantini, Lucio Coletto, Enrico Corsi e Maurizio Filippi) era stato rinviato a giudizio dal pm veronese Guido Papalia per essere stato promotore di una petizione nella quale si chiedeva "lo sgombero immediato di tutti i campi nomadi abusivi e provvisori e che l’amministrazione non realizzi nessun nuovo insediamento nel territorio comunale".

La raccolta di firme era stata pubblicizzata da manifesti con su scritto "no ai campi nomadi, firma anche tu per mandare via gli zingari". A carico di Tosi, all’epoca (2001) capogruppo regionale della Lega, e a riprova della volontà discriminatoria erano state considerate anche le parole da lui pronunciate: "gli zingari – aveva detto – dovevano essere mandati via perché dove arrivavano c’erano furti".

Ma "la discriminazione – avverte la Suprema Corte – si deve fondare sulla qualità del soggetto (nero, zingaro, ebreo ecc) e non sui comportamenti. La discriminazione per l’altrui diversità è cosa diversa dalla discriminazione per l’altrui criminosità. In definitiva un soggetto può anche essere legittimamente discriminato per il suo comportamento ma non per la sua qualità di essere diverso".

In proposito i difensori dei leghisti – avanzando una obiezione ritenuta "in larga misura fondata" dagli ‘ermellini’ – avevano sottolineato che il pensiero di Tosi non era razzista in quanto "la contrapposizione tra ladro e non ladro non esprime un’idea di superiorità, ma di semplice differenza di comportamento".

Ancora per quanto attiene la frase di Tosi, la Suprema Corte aggiunge che "la frase anzidetta non esprimeva alcuna idea di superiorità o almeno non superiorità fondata sulla semplice diversità etnica, ma manifestava solo un’idea di avversione non determinata dalla qualità di zingari delle persone discriminate ma dal fatto che tutti gli zingari erano ladri". E questo, per i supremi giudici, "non è un concetto di superiorità o odio razziale, ma un pregiudizio razziale". Punibile se "contiene affermazioni categoriche non corrispondenti al vero".

"Tuttavia su un tema acceso come quello della sicurezza che crea forti tensioni emotive – conclude la Cassazione – non si può estrapolare una frase poco opportuna per attribuire all’autore idee razziste senza esaminare il contesto e valutare gli elementi a discolpa". E la Suprema Corte rimprovera alla Corte di Appello di non aver considerato che i leghisti "avevano precisato di non avere avversione verso i Sinti in quanto tali, ma solo nei confronti di quelli che rubavano".


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