Roma – 22 luglio 2011 – Quando un datore di lavoro ha presentato richiesta di assunzione di un cittadino extracomunitario tramite la procedura dei flussi di ingresso deve attendere che lo Sportello Unico per l’Immigrazione competente rilasci il nulla osta, ossia l’autorizzazione al lavoro, il quale deve essere inviato al lavoratore che deve far richiesta del visto di ingresso al Consolato Italiano nel Paese di residenza.
Una volta ottenuto il visto, il cittadino extracomunitario, deve far ingresso in Italia e richiedere, sempre tramite lo Sportello Unico, il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, inviando il modulo di richiesta presso un Ufficio Postale abilitato.
L’incaricato dell’ufficio postale consegna al lavoratore, contestualmente all’assicurata postale attestante la richiesta di primo rilascio del permesso di soggiorno, la lettera di convocazione in Questura per effettuare i rilievi fotodattiloscopici.
Il datore di lavoro che ha presentato la richiesta di nulla osta può da questo momento ed entro sei mesi dall’invio della domanda di rilascio del permesso, assumere il cittadino extracomunitario inoltrando le prescritte comunicazioni agli uffici competenti (Centro per l’Impiego o Inps).
Cosa succede se il datore di lavoro non assumere il cittadino extracomunitario?
Molto spesso accade che il datore di lavoro, nonostante lo straniero sia giunto in Italia e abbia fatto richiesta di permesso di soggiorno, non è più interessato ad assumerlo. A volte è lo stesso lavoratore che non è intenzionato a lavorare per lui ovvero il rapporto di lavoro inizia ma si interrompe prima che il datore effettui la comunicazione di assunzione.
Se si verifica una di queste situazioni, gli effetti sulla richiesta del permesso di soggiorno sono però “devastanti”: la Questura che esamina la domanda può, infatti, negare il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro e invitare lo straniero a far rientro nel proprio Paese di origine.
In realtà non succede sempre questo. Dipende, come “consueto” in questo settore, dall’interpretazione dell’ufficio addetto all’esame della richiesta, a scapito di quel lavoratore che più sfortunato rispetto ad altri, si veda notificato un rifiuto del rilascio del permesso per lavoro.
Quindi, per non rischiare il rifiuto del permesso di soggiorno per lavoro, il lavoratore dovrebbe essere assunto dal datore che ha presentato la richiesta di nulla osta in occasione del decreto flussi.
Questo principio è stato avvalorato da una recente sentenza del Consiglio di Stato, la n. 4151 dell’11 luglio 2011, con la quale i Giudici hanno respinto l’appello di una cittadina extracomunitaria che aveva fatto ingresso in Italia attraverso il regime dei flussi ma era poi stata assunta da altro datore di lavoro.
La Questura le aveva rifiutato il permesso a causa della mancata assunzione da parte del richiedente il nulla osta. La cittadina, quindi, aveva fatto appello al Tar contro la decisione della Questura senza però ottenere ragione e per tale ragione si era poi rivolta al Consiglio di Stato.
Secondo tale sentenza non deve considerarsi rilevante nemmeno la circostanza che la lavoratrice avesse poi trovato una nuova occupazione lavorativa non potendo trovare applicazione l’art. 5 comma 5 del d.lg. n. 286 del 1998 che dà rilievo a sopraggiunti nuovi elementi.
Avv. Mascia Salvatore