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Ho una badante irregolare. Cosa rischio?

Ecco cosa prevede la normativa sull’immigrazione. Risponde l’esperto

Salve, sono un datore di lavoro e ho alle mie dipendenze da un anno una badante filippina priva del permesso di soggiorno. Quali sono i rischi che corro?

La legge italiana prevede espressamente delle sanzioni, penali e amministrative, per il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze un lavoratore straniero privo del permesso di soggiorno.

L’articolo 22, comma 12 del Decreto Legislativo 286/98 (Testo Unico Immigrazione) prevede, infatti, che: “Il datore che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato, è punito con l’arresto da tre mesi ad un anno e con l’ammenda di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato”.

Alle sanzioni previste dalla normativa sull’immigrazione, si devono aggiungere poi le sanzioni amministrative per la violazione degli obblighi retributivi e contributivi, in applicazione dell’articolo 2126 del codice civile, che garantisce il diritto del lavoratore alla retribuzione per il lavoro eseguito, anche senza un’assunzione regolare.

Se a seguito di controlli svolti durante un’ispezione, le autorità competenti trovano alle dipendenze dei lavoratori stranieri clandestini, scatta quindi a carico del datore di lavoro una denuncia penale.

In seguito si instaura un procedimento penale che si può concludere, se si accerta la responsabilità del datore di lavoro, con una condanna assoggettata alla pena dell’arresto da tre mesi  ad un anno. Tuttavia, se l’imputato è incensurato gli si possono riconoscere le attenuanti generiche o la sospensione condizionale della pena.

In realtà, il discorso è un altro: sebbene sia chiara la volontà punitiva della legge, nei fatti è realisticamente difficile che tale tipo di reato venga  frequentemente contestato e questo perché, almeno per quello che riguarda il lavoro domestico, si “consuma” tra le mura domestiche. Sicuramente il lavoratore in nero non sporgerà mai una denuncia contro il proprio datore di lavoro esponendosi così al rischio di essere espulso dal territorio italiano e nei fatti, questo si traduce, in una limitata quantità di sentenze di condanna in proporzione al numero di lavoratori domestici impiegati (basta tener presente il numero di domande presentate in occasione dei flussi 2006/2007).

Mascia Salvatore

Rosanna Caggiano

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