Possono lavorare fino a un mese prima del parto e quei contributi valgono per l’indennità. Il chiarimento dell’Inps Roma – 27 maggio 2008 – Anche le lavoratrici domestiche hanno diritto a gestire con flessibilità il congedo di maternità, decidendo, ad esempio, di lavorare fino a un mese prima del parto. In questo caso, per l’indennità di maternità potranno far valere anche i contributi versati durante l’ottavo mese di gravidanza.
Lo ha precisato l’Inps qualche giorno fa con il messaggio 11621 del 2008.
Il Testo unico per la tutela della maternità (D.Lgs. 151/2001) prevede che le donne non lavorino nei due mesi precedenti il parto e nei tre mesi successivi. Se però non ci sono pericoli per il bambino, possono far slittare in avanti questo periodo, astenendosi dal lavoro a partire dal mese precedente e nei quattro mesi successivi al parto.
Queste regole, ha ricordato l’Inps, valgono anche per le lavoratrici domestiche. Ma attenzione: “per l’accoglimento delle domande di flessibilità è necessario e sufficiente che le certificazioni sanitarie [quelle che dicono che non ci sono pericoli per il bambino n.d.r.] rechino data non successiva alla fine del settimo mese”.
Colf e badanti hanno diritto all’indennità di maternità, ma solo a determinate condizioni. Devono infatti aver versato 52 contributi settimanali nei 24 mesi precedenti l’inizio del congedo di maternità, oppure 26 contributi settimanali nei 12 mesi precedenti. Il messaggio dell’Inps specifica quindi che “la contribuzione maturata durante la prosecuzione dell’attività lavorativa nell’ottavo mese di gravidanza, in ragione della flessibilità, è utile al raggiungimento” di questi requisiti.
Elvio Pasca
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