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Ue: il testo della Direttiva Rimpatri

Le regole europeee sui rimpatri. Gli Stati Membri devono adeguarsi entro il 24 dicembre 2010

Direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008 , recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare

Gazzetta ufficiale n. L 348 del 24/12/2008 pag. 0098 – 0107

 

 

Direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio

del 16 dicembre 2008

recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 63, paragrafo 3, lettera b),

vista la proposta della Commissione,

deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato [1],

considerando quanto segue:

(1) Il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha istituito un approccio coerente in materia di migrazione e asilo, finalizzato alla creazione di un regime comune in materia di asilo e di una politica per l’immigrazione legale nonché alla lotta contro l’immigrazione clandestina.

(2) Il Consiglio europeo di Bruxelles del 4 e 5 novembre 2004 ha sollecitato l’istituzione di un’efficace politica in materia di allontanamento e rimpatrio basata su norme comuni affinché le persone siano rimpatriate in maniera umana e nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali e della loro dignità.

(3) Il 4 maggio 2005 il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha adottato "Venti orientamenti sul rimpatrio forzato".

(4) Occorrono norme chiare, trasparenti ed eque per definire una politica di rimpatrio efficace quale elemento necessario di una politica d’immigrazione correttamente gestita.

(5) La presente direttiva dovrebbe introdurre un corpus orizzontale di norme, applicabile a tutti i cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni d’ingresso, di soggiorno o di residenza in uno Stato membro.

(6) È opportuno che gli Stati membri provvedano a porre fine al soggiorno irregolare dei cittadini di paesi terzi secondo una procedura equa e trasparente. In conformità dei principi generali del diritto dell’Unione europea, le decisioni ai sensi della presente direttiva dovrebbero essere adottate caso per caso e tenendo conto di criteri obiettivi, non limitandosi quindi a prendere in considerazione il semplice fatto del soggiorno irregolare. Quando utilizzano modelli uniformi per le decisioni connesse al rimpatrio, vale a dire le decisioni di rimpatrio e, ove emesse, le decisioni di divieto d’ingresso e le decisioni di allontanamento, gli Stati membri dovrebbero rispettare tale principio e osservare pienamente tutte le disposizioni applicabili della presente direttiva.

(7) Al fine di agevolare la procedura di rimpatrio si sottolinea la necessità di accordi comunitari e bilaterali di riammissione con i paesi terzi. La cooperazione internazionale con i paesi d’origine in tutte le fasi della procedura di rimpatrio è una condizione preliminare per un rimpatrio sostenibile.

(8) Si riconosce che è legittimo che gli Stati membri procedano al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, purché esistano regimi in materia di asilo equi ed efficienti che rispettino pienamente il principio di non-refoulement.

(9) In conformità della direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato [2], il soggiorno di un cittadino di un paese terzo che abbia chiesto asilo in uno Stato membro non dovrebbe essere considerato irregolare nel territorio di tale Stato membro finché non sia entrata in vigore una decisione negativa in merito alla sua domanda d’asilo o una decisione che pone fine al suo diritto di soggiorno quale richiedente asilo.

(10) Se non vi è motivo di ritenere che ciò possa compromettere la finalità della procedura di rimpatrio, si dovrebbe preferire il rimpatrio volontario al rimpatrio forzato e concedere un termine per la partenza volontaria. Si dovrebbe prevedere una proroga del periodo per la partenza volontaria allorché lo si ritenga necessario in ragione delle circostanze specifiche del caso individuale. Al fine di promuovere il rimpatrio volontario, gli Stati membri dovrebbero prevedere maggiore assistenza e consulenza al rimpatrio e sfruttare al meglio le relative possibilità di finanziamento offerte dal Fondo europeo per i rimpatri.

(11) Occorre stabilire garanzie giuridiche minime comuni sulle decisioni connesse al rimpatrio per l’efficace protezione degli interessi delle persone interessate. Si dovrebbe garantire la necessaria assistenza legale a chi non disponga di risorse sufficienti. Gli Stati membri dovrebbero determinare nella legislazione nazionale i casi in cui l’assistenza legale è da ritenersi necessaria.

(12) È necessario occuparsi della situazione dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare ma che non è ancora possibile allontanare. Le condizioni basilari per il loro sostentamento dovrebbero essere definite conformemente alla legislazione nazionale. Affinché possano dimostrare la loro situazione specifica in caso di verifiche o controlli amministrativi, tali persone dovrebbero essere munite di una conferma scritta della loro situazione. Gli Stati membri dovrebbero godere di un’ampia discrezionalità quanto al modello e al formato della conferma scritta e dovrebbero anche poterla includere nelle decisioni connesse al rimpatrio adottate ai sensi della presente direttiva.

(13) L’uso di misure coercitive dovrebbe essere espressamente subordinato al rispetto dei principi di proporzionalità e di efficacia per quanto riguarda i mezzi impiegati e gli obiettivi perseguiti. Occorre stabilire garanzie minime per l’esecuzione del rimpatrio forzato alla luce della decisione 2004/573/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa all’organizzazione di voli congiunti per l’allontanamento dei cittadini di paesi terzi illegalmente presenti nel territorio di due o più Stati membri [3]. Gli Stati membri dovrebbero poter disporre di diverse possibilità per monitorare il rimpatrio forzato.

(14) Occorre conferire una dimensione europea agli effetti delle misure nazionali di rimpatrio istituendo un divieto d’ingresso che proibisca l’ingresso e il soggiorno nel territorio di tutti gli Stati membri. La durata del divieto d’ingresso dovrebbe essere determinata alla luce di tutte le circostanze pertinenti per ciascun caso e, di norma, non dovrebbe superare i cinque anni. In tale contesto, si dovrebbe tenere conto in modo particolare del fatto che il cittadino di un paese terzo interessato sia già stato destinatario di più di una decisione di rimpatrio o provvedimento di allontanamento o sia entrato nel territorio di uno Stato membro quando era soggetto a un divieto d’ingresso.

(15) Dovrebbe spettare agli Stati membri stabilire se la revisione di decisioni connesse al rimpatrio implichi la facoltà, per l’autorità o l’organo preposto alla revisione, di sostituire la propria decisione connessa al rimpatrio a quella precedente.

(16) Il ricorso al trattenimento ai fini dell’allontanamento dovrebbe essere limitato e subordinato al principio di proporzionalità con riguardo ai mezzi impiegati e agli obiettivi perseguiti. Il trattenimento è giustificato soltanto per preparare il rimpatrio o effettuare l’allontanamento e se l’uso di misure meno coercitive è insufficiente.

(17) I cittadini di paesi terzi che sono trattenuti dovrebbero essere trattati in modo umano e dignitoso, nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali e in conformità del diritto nazionale e internazionale. Fatto salvo l’arresto iniziale da parte delle autorità incaricate dell’applicazione della legge, disciplinato dal diritto nazionale, il trattenimento dovrebbe di norma avvenire presso gli appositi centri di permanenza temporanea.

(18) Gli Stati membri dovrebbero disporre di un accesso rapido alle informazioni riguardanti i divieti d’ingresso di altri Stati membri. Tale scambio di informazioni dovrebbe svolgersi a norma del regolamento (CE) n. 1987/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, sull’istituzione, l’esercizio e l’uso del sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II) [4].

(19) La cooperazione tra le istituzioni coinvolte a tutti i livelli nella procedura di rimpatrio nonché lo scambio e la promozione delle migliori prassi dovrebbero accompagnare l’attuazione della presente direttiva e assicurare un valore aggiunto europeo.

(20) Poiché l’obiettivo della presente direttiva, ossia stabilire norme comuni in materia di rimpatrio, allontanamento, uso di misure coercitive, trattenimento e divieti d’ingresso, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle sue dimensioni e dei suoi effetti, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.

(21) Gli Stati membri dovrebbero attuare le disposizioni della presente direttiva senza operare discriminazioni fondate su sesso, razza, colore della pelle, origine etnica o sociale, caratteristiche genetiche, lingua, religione o convinzioni personali, opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, appartenenza ad una minoranza nazionale, patrimonio, nascita, disabilità, età o orientamento sessuale.

(22) In linea con la convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989, l’"interesse superiore del bambino" dovrebbe costituire una considerazione preminente degli Stati membri nell’attuazione della presente direttiva. In linea con la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, il rispetto della vita familiare dovrebbe costituire una considerazione preminente degli Stati membri nell’attuazione della presente direttiva.

(23) L’applicazione della presente direttiva non pregiudica gli obblighi derivanti dalla convenzione di Ginevra, del 28 luglio 1951, relativa allo status dei rifugiati, modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967.

(24) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti in particolare nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

(25) Ai sensi degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all’adozione della presente direttiva, non ne è in alcun modo vincolata né è soggetta alla sua applicazione. Poiché la presente direttiva costituisce uno sviluppo dell’acquis di Schengen ai sensi della parte terza, titolo IV, del trattato che istituisce la Comunità europea nella misura in cui si applica ai cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni di ingresso ai sensi del codice frontiere Schengen [5], la Danimarca decide, a norma dell’articolo 5 del suddetto protocollo, entro sei mesi dall’adozione della presente direttiva, se intende recepirla nel suo diritto interno.

(26) Nella misura in cui si applica ai cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni d’ingresso ai sensi del codice frontiere Schengen, la presente direttiva costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen cui il Regno Unito non partecipa, ai sensi della decisione 2000/365/CE del Consiglio, del 29 maggio 2000, riguardante la richiesta del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord di partecipare ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen [6]; inoltre, ai sensi degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea e fatto salvo l’articolo 4 di tale protocollo, il Regno Unito non partecipa all’adozione della presente direttiva e di conseguenza non ne è in alcun modo vincolato, né è soggetto alla sua applicazione.

(27) Nella misura in cui si applica ai cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni d’ingresso ai sensi del codice frontiere Schengen, la presente direttiva costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen cui l’Irlanda non partecipa, ai sensi della decisione 2002/192/CE del Consiglio, del 28 febbraio 2002, riguardante la richiesta dell’Irlanda di partecipare ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen [7]; inoltre, ai sensi degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea e fatto salvo l’articolo 4 di tale protocollo, l’Irlanda non partecipa all’adozione della presente direttiva e di conseguenza non ne è in alcun modo vincolata, né è soggetta alla sua applicazione.

(28) Per quanto riguarda l’Islanda e la Norvegia, la presente direttiva, nella misura in cui si applica ai cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni di ingresso ai sensi del codice frontiere Schengen, costituisce uno sviluppo dell’acquis di Schengen ai sensi dell’accordo concluso tra il Consiglio dell’Unione europea e la Repubblica d’Islanda e il Regno di Norvegia sull’associazione di questi due Stati all’attuazione, all’applicazione e allo sviluppo dell’acquis di Schengen, che rientra nel settore contemplato all’articolo 1, punto C, della decisione 1999/437/CE del Consiglio [8], relativa ad alcune modalità per l’applicazione del suddetto accordo.

(29) Per quanto riguarda la Svizzera, la presente direttiva, nella misura in cui si applica ai cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni di ingresso ai sensi del codice frontiere Schengen, costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen ai sensi dell’accordo tra l’Unione europea, la Comunità europea e la Confederazione svizzera riguardante l’associazione della Confederazione svizzera all’attuazione, all’applicazione e allo sviluppo dell’acquis di Schengen, che rientrano nel settore di cui all’articolo 1, punto C, della decisione 1999/437/CE, in combinato disposto con l’articolo 3 della decisione 2008/146/CE del Consiglio [9], relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, di tale accordo.

(30) Per quanto riguarda il Liechtenstein, la presente direttiva, nella misura in cui si applica ai cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni di ingresso ai sensi del codice frontiere Schengen, costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen ai sensi del protocollo tra l’Unione europea, la Comunità europea, la Confederazione svizzera e il Principato del Liechtenstein sull’adesione del Principato del Liechtenstein all’accordo tra l’Unione europea, la Comunità europea e la Confederazione svizzera riguardante l’associazione della Confederazione svizzera all’attuazione, all’applicazione e allo sviluppo dell’acquis di Schengen, che rientrano nel settore di cui all’articolo 1, punto C, della decisione 1999/437/CE, in combinato disposto con l’articolo 3 della decisione 2008/261/CE del Consiglio [10], sulla firma, a nome della Comunità europea, e sull’applicazione provvisoria di alcune disposizioni di tale protocollo,

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

Articolo 1

Oggetto

La presente direttiva stabilisce norme e procedure comuni da applicarsi negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, nel rispetto dei diritti fondamentali in quanto principi generali del diritto comunitario e del diritto internazionale, compresi gli obblighi in materia di protezione dei rifugiati e di diritti dell’uomo.

Articolo 2

Ambito di applicazione

1. La presente direttiva si applica ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro è irregolare.

2. Gli Stati membri possono decidere di non applicare la presente direttiva ai cittadini di paesi terzi:

a) sottoposti a respingimento alla frontiera conformemente all’articolo 13 del codice frontiere Schengen ovvero fermati o scoperti dalle competenti autorità in occasione dell’attraversamento irregolare via terra, mare o aria della frontiera esterna di uno Stato membro e che non hanno successivamente ottenuto un’autorizzazione o un diritto di soggiorno in tale Stato membro;

b) sottoposti a rimpatrio come sanzione penale o come conseguenza di una sanzione penale, in conformità della legislazione nazionale, o sottoposti a procedure di estradizione.

3. La presente direttiva non si applica ai beneficiari del diritto comunitario alla libera circolazione, quali definiti all’articolo 2, paragrafo 5, del codice frontiere Schengen.

Articolo 3

Definizioni

Ai fini della presente direttiva, si intende per:

1) "cittadino di un paese terzo" chiunque non sia cittadino dell’Unione ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, del trattato né un beneficiario del diritto comunitario alla libera circolazione, quale definito all’articolo 2, paragrafo 5, del codice frontiere Schengen;

2) "soggiorno irregolare" la presenza nel territorio di uno Stato membro di un cittadino di un paese terzo che non soddisfi o non soddisfi più le condizioni d’ingresso di cui all’articolo 5 del codice frontiere Schengen o altre condizioni d’ingresso, di soggiorno o di residenza in tale Stato membro;

3) "rimpatrio" il processo di ritorno di un cittadino di un paese terzo, sia in adempimento volontario di un obbligo di rimpatrio sia forzatamente:

– nel proprio paese di origine, o

– in un paese di transito in conformità di accordi comunitari o bilaterali di riammissione o di altre intese, o

– in un altro paese terzo, in cui il cittadino del paese terzo in questione decide volontariamente di ritornare e in cui sarà accettato;

4) "decisione di rimpatrio" decisione o atto amministrativo o giudiziario che attesti o dichiari l’irregolarità del soggiorno di un cittadino di paesi terzi e imponga o attesti l’obbligo di rimpatrio;

5) "allontanamento" l’esecuzione dell’obbligo di rimpatrio, vale a dire il trasporto fisico fuori dallo Stato membro;

6) "divieto d’ingresso" decisione o atto amministrativo o giudiziario che vieti l’ingresso e il soggiorno nel territorio degli Stati membri per un periodo determinato e che accompagni una decisione di rimpatrio;

7) "rischio di fuga" la sussistenza in un caso individuale di motivi basati su criteri obiettivi definiti dalla legge per ritenere che un cittadino di un paese terzo oggetto di una procedura di rimpatrio possa tentare la fuga;

8) "partenza volontaria": l’adempimento dell’obbligo di rimpatrio entro il termine fissato a tale scopo nella decisione di rimpatrio;

9) "persone vulnerabili": i minori, i minori non accompagnati, i disabili, gli anziani, le donne in gravidanza, le famiglie monoparentali con figli minori e le persone che hanno subìto torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale.

Articolo 4

Disposizioni più favorevoli

1. La presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni più favorevoli vigenti in forza di:

a) accordi bilaterali o multilaterali tra la Comunità, o la Comunità e i suoi Stati membri, e uno o più paesi terzi;

b) accordi bilaterali o multilaterali tra uno o più Stati membri e uno o più paesi terzi.

2. La presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni più favorevoli ai cittadini di paesi terzi previste dall’acquis comunitario in materia di immigrazione e di asilo.

3. La presente direttiva lascia impregiudicata la facoltà degli Stati membri di introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli alle persone cui si applica, purché compatibili con le norme in essa stabilite.

4. Per quanto riguarda i cittadini di paesi terzi esclusi dall’ambito di applicazione della presente direttiva conformemente all’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), gli Stati membri:

a) provvedono affinché siano loro riservati un trattamento e un livello di protezione non meno favorevoli di quanto disposto all’articolo 8, paragrafi 4 e 5 (limitazione dell’uso di misure coercitive), all’articolo 9, paragrafo 2, lettera a) (rinvio dell’allontanamento), all’articolo 14, paragrafo 1, lettere b) e d) (prestazioni sanitarie d’urgenza e considerazione delle esigenze delle persone vulnerabili) e agli articoli 16 e 17 (condizioni di trattenimento) e

b) rispettano il principio di non-refoulement.

Articolo 5

Non-refoulement, interesse superiore del bambino, vita familiare e condizioni di salute

Nell’applicazione della presente direttiva, gli Stati membri tengono nella debita considerazione:

a) l’interesse superiore del bambino;

b) la vita familiare;

c) le condizioni di salute del cittadino di un paese terzo interessato;

e rispettano il principio di non-refoulement.

CAPO II

FINE DEL SOGGIORNO IRREGOLARE

Articolo 6

Decisione di rimpatrio

1. Gli Stati membri adottano una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi da 2 a 5.

2. Un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro è irregolare e che è in possesso di un permesso di soggiorno valido o di un’altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare rilasciati da un altro Stato membro deve recarsi immediatamente nel territorio di quest’ultimo. In caso di mancata osservanza di questa prescrizione da parte del cittadino di un paese terzo interessato ovvero qualora motivi di ordine pubblico o di sicurezza nazionale impongano la sua immediata partenza, si applica il paragrafo 1.

3. Gli Stati membri possono astenersi dall’emettere una decisione di rimpatrio nei confronti di un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare qualora il cittadino in questione sia ripreso da un altro Stato membro in virtù di accordi o intese bilaterali vigenti alla data di entrata in vigore della presente direttiva. In tal caso lo Stato membro che riprende il cittadino in questione applica il paragrafo 1.

4. In qualsiasi momento gli Stati membri possono decidere di rilasciare per motivi caritatevoli, umanitari o di altra natura un permesso di soggiorno autonomo o un’altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare a un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare. In tali casi non è emessa la decisione di rimpatrio. Qualora sia già stata emessa, la decisione di rimpatrio è revocata o sospesa per il periodo di validità del titolo di soggiorno o di un’altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare.

5. Qualora un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro è irregolare abbia iniziato una procedura per il rinnovo del permesso di soggiorno o di un’altra autorizzazione che conferisce il diritto di soggiornare, lo Stato membro in questione valuta l’opportunità di astenersi dall’emettere una decisione di rimpatrio fino al completamento della procedura, fatto salvo il paragrafo 6.

6. La presente direttiva non osta a che gli Stati membri decidano di porre fine al soggiorno regolare e dispongano contestualmente il rimpatrio e/o l’allontanamento e/o il divieto d’ingresso in un’unica decisione o atto amministrativo o giudiziario in conformità della legislazione nazionale, fatte salve le garanzie procedurali previste dal capo III e da altre pertinenti disposizioni del diritto comunitario e nazionale.

Articolo 7

Partenza volontaria

1. La decisione di rimpatrio fissa per la partenza volontaria un periodo congruo di durata compresa tra sette e trenta giorni, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi 2 e 4. Gli Stati membri possono prevedere nella legislazione nazionale che tale periodo sia concesso unicamente su richiesta del cittadino di un paese terzo interessato. In tal caso, gli Stati membri informano i cittadini di paesi terzi interessati della possibilità di inoltrare tale richiesta.

Il periodo previsto al primo comma non esclude la possibilità per i cittadini di paesi terzi interessati di partire prima.

2. Gli Stati membri prorogano, ove necessario, il periodo per la partenza volontaria per un periodo congruo, tenendo conto delle circostanze specifiche del caso individuale, quali la durata del soggiorno, l’esistenza di bambini che frequentano la scuola e l’esistenza di altri legami familiari e sociali.

3. Per la durata del periodo per la partenza volontaria possono essere imposti obblighi diretti a evitare il rischio di fuga, come l’obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria adeguata, la consegna di documenti o l’obbligo di dimorare in un determinato luogo.

4. Se sussiste il rischio di fuga o se una domanda di soggiorno regolare è stata respinta in quanto manifestamente infondata o fraudolenta o se l’interessato costituisce un pericolo per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale, gli Stati membri possono astenersi dal concedere un periodo per la partenza volontaria o concederne uno inferiore a sette giorni.

Articolo 8

Allontanamento

1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per eseguire la decisione di rimpatrio qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria a norma dell’articolo 7, paragrafo 4, o per mancato adempimento dell’obbligo di rimpatrio entro il periodo per la partenza volontaria concesso a norma dell’articolo 7.

2. Qualora uno Stato membro abbia concesso un periodo per la partenza volontaria a norma dell’articolo 7, la decisione di rimpatrio può essere eseguita unicamente alla scadenza di tale periodo, a meno che nel periodo in questione non sorga uno dei rischi di cui all’articolo 7, paragrafo 4.

3. Gli Stati membri possono adottare una decisione o un atto amministrativo o giudiziario distinto che ordini l’allontanamento.

4. Ove gli Stati membri ricorrano – in ultima istanza – a misure coercitive per allontanare un cittadino di un paese terzo che oppone resistenza, tali misure sono proporzionate e non eccedano un uso ragionevole della forza. Le misure coercitive sono attuate conformemente a quanto previsto dalla legislazione nazionale in osservanza dei diritti fondamentali e nel debito rispetto della dignità e dell’integrità fisica del cittadino di un paese terzo interessato.

5. Nell’effettuare l’allontanamento per via aerea gli Stati membri tengono conto degli orientamenti comuni sulle disposizioni di sicurezza applicabili all’allontanamento congiunto per via aerea allegati alla decisione 2004/573/CE.

6. Gli Stati membri prevedono un sistema di monitoraggio efficace dei rimpatri forzati.

Articolo 9

Rinvio dell’allontanamento

1. Gli Stati membri rinviano l’allontanamento:

a) qualora violi il principio di non-refoulement, oppure

b) per la durata della sospensione concessa ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2.

2. Gli Stati membri possono rinviare l’allontanamento per un congruo periodo, tenendo conto delle circostanze specifiche di ciascun caso. Gli Stati membri tengono conto in particolare:

a) delle condizioni fisiche o mentali del cittadino di un paese terzo;

b) delle ragioni tecniche, come l’assenza di mezzi di trasporto o il mancato allontanamento a causa dell’assenza di identificazione.

3. Ove sia disposto il rinvio dell’allontanamento a norma dei paragrafi 1 e 2, al cittadino di un paese terzo interessato possono essere imposti gli obblighi di cui all’articolo 7, paragrafo 3.

Articolo 10

Rimpatrio e allontanamento di minori non accompagnati

1. Prima di emettere una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato è fornita un’assistenza da parte di organismi appropriati diversi dalle autorità che eseguono il rimpatrio tenendo nel debito conto l’interesse superiore del bambino.

2. Prima di allontanare un minore non accompagnato dal territorio di uno Stato membro, le autorità di tale Stato membro si accertano che questi sarà ricondotto ad un membro della sua famiglia, a un tutore designato o presso adeguate strutture di accoglienza nello Stato di rimpatrio.

Articolo 11

Divieto d’ingresso

1. Le decisioni di rimpatrio sono corredate di un divieto d’ingresso:

a) qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria, oppure

b) qualora non sia stato ottemperato all’obbligo di rimpatrio.

In altri casi le decisioni di rimpatrio possono essere corredate di un divieto d’ingresso.

2. La durata del divieto d’ingresso è determinata tenendo debitamente conto di tutte le circostanze pertinenti di ciascun caso e non supera di norma i cinque anni. Può comunque superare i cinque anni se il cittadino di un paese terzo costituisce una grave minaccia per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale.

3. Gli Stati membri valutano la possibilità di revocare o sospendere un divieto d’ingresso qualora un cittadino di un paese terzo colpito da un divieto d’ingresso disposto in conformità del paragrafo 1, secondo comma, possa dimostrare di aver lasciato il territorio di uno Stato membro in piena ottemperanza di una decisione di rimpatrio.

Le vittime della tratta di esseri umani cui è stato concesso un permesso di soggiorno ai sensi della direttiva 2004/81/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un’azione di favoreggiamento dell’immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti [11] non sono soggette a divieto d’ingresso fatte salve le disposizioni del paragrafo 1, primo comma, lettera b), e purché il cittadino di un paese terzo in questione non rappresenti una minaccia per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale.

In casi individuali gli Stati membri possono astenersi per motivi umanitari dall’emettere, revocare o sospendere un divieto d’ingresso.

In casi individuali o in talune categorie di casi gli Stati membri possono revocare o sospendere un divieto d’ingresso per altri motivi.

4. Lo Stato membro che preveda di rilasciare un permesso di soggiorno o un’altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare ad un cittadino di un paese terzo colpito da un divieto d’ingresso disposto da un altro Stato membro consulta preliminarmente lo Stato membro che lo ha disposto e tiene conto degli interessi di quest’ultimo in conformità dell’articolo 25 della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen [12].

5. I paragrafi da 1 a 4 non pregiudicano negli Stati membri il diritto alla protezione internazionale, quale definita all’articolo 2, lettera a), della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta [13].

CAPO III

GARANZIE PROCEDURALI

Articolo 12

Forma

1. Le decisioni di rimpatrio e, ove emesse, le decisioni di divieto d’ingresso e le decisioni di allontanamento sono adottate in forma scritta, sono motivate in fatto e in diritto e contengono informazioni sui mezzi di ricorso disponibili.

Le informazioni sui motivi in fatto possono essere ridotte laddove la legislazione nazionale consenta che il diritto di informazione sia limitato, in particolare per salvaguardare la sicurezza nazionale, la difesa, la pubblica sicurezza e per la prevenzione, le indagini, l’accertamento e il perseguimento di reati.

2. Gli Stati membri provvedono, su richiesta, alla traduzione scritta od orale dei principali elementi delle decisioni connesse al rimpatrio di cui al paragrafo 1, incluse le modalità di impugnazione disponibili, in una lingua comprensibile per il cittadino di un paese terzo o che si può ragionevolmente supporre tale.

3. Gli Stati membri possono decidere di non applicare il paragrafo 2 ai cittadini di paesi terzi che sono entrati in modo irregolare nel territorio di uno Stato membro e non hanno successivamente ottenuto un’autorizzazione o un diritto di soggiorno in tale Stato.

In tali casi le decisioni connesse al rimpatrio di cui al paragrafo 1 sono adottate per mezzo di un modello uniforme previsto dalla legislazione nazionale.

Gli Stati membri rendono disponibili schede informative generalizzate che espongono gli elementi principali del modello uniforme in almeno cinque delle lingue più frequentemente utilizzate o comprese dagli immigrati che entrano in modo irregolare nel loro territorio.

Articolo 13

Mezzi di ricorso

1. Al cittadino di un paese terzo interessato sono concessi mezzi di ricorso effettivo avverso le decisioni connesse al rimpatrio di cui all’articolo 12, paragrafo 1, o per chiederne la revisione dinanzi ad un’autorità giudiziaria o amministrativa competente o a un organo competente composto da membri imparziali che offrono garanzie di indipendenza.

2. L’autorità o l’organo menzionati al paragrafo 1 hanno la facoltà di rivedere le decisioni connesse al rimpatrio di cui all’articolo 12, paragrafo 1, compresa la possibilità di sospenderne temporaneamente l’esecuzione, a meno che la sospensione temporanea sia già applicabile ai sensi del diritto interno.

3. Il cittadino di un paese terzo interessato ha la facoltà di farsi consigliare e rappresentare da un legale e, ove necessario, di avvalersi di un’assistenza linguistica.

4. Gli Stati membri provvedono a che sia garantita, su richiesta, la necessaria assistenza e/o rappresentanza legale gratuita ai sensi della pertinente legislazione o regolamentazione nazionale in materia e possono disporre che tale assistenza e/o rappresentanza legale gratuita sia soggetta alle condizioni di cui all’articolo 15, paragrafi da 3 a 6, della direttiva 2005/85/CE.

Articolo 14

Garanzie prima del rimpatrio

1. Gli Stati membri provvedono, ad esclusione della situazione di cui agli articoli 16 e 17, affinché si tenga conto il più possibile dei seguenti principi in relazione ai cittadini di paesi terzi durante il periodo per la partenza volontaria concesso a norma dell’articolo 7 e durante i periodi per i quali l’allontanamento è stato differito ai sensi dell’articolo 9:

a) che sia mantenuta l’unità del nucleo familiare con i membri della famiglia presenti nel territorio;

b) che siano assicurati le prestazioni sanitarie d’urgenza e il trattamento essenziale delle malattie;

c) che sia garantito l’accesso al sistema educativo di base per i minori, tenuto conto della durata del soggiorno;

d) che si tenga conto delle esigenze particolari delle persone vulnerabili.

2. Gli Stati membri confermano per iscritto alle persone di cui al paragrafo 1, conformemente alla legislazione nazionale, che il periodo per la partenza volontaria è stato prorogato ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, o che l’esecuzione della decisione di rimpatrio è temporaneamente sospesa.

CAPO IV

TRATTENIMENTO AI FINI DELL’ALLONTANAMENTO

Articolo 15

Trattenimento

1. Salvo se nel caso concreto possono essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive, gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento, in particolare quando:

a) sussiste un rischio di fuga o

b) il cittadino del paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell’allontanamento.

Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile ed è mantenuto solo per il tempo necessario all’espletamento diligente delle modalità di rimpatrio.

2. Il trattenimento è disposto dalle autorità amministrative o giudiziarie.

Il trattenimento è disposto per iscritto ed è motivato in fatto e in diritto.

Quando il trattenimento è disposto dalle autorità amministrative, gli Stati membri:

a) prevedono un pronto riesame giudiziario della legittimità del trattenimento su cui decidere entro il più breve tempo possibile dall’inizio del trattenimento stesso,

b) oppure accordano al cittadino di un paese terzo interessato il diritto di presentare ricorso per sottoporre ad un pronto riesame giudiziario la legittimità del trattenimento su cui decidere entro il più breve tempo possibile dall’avvio del relativo procedimento. In tal caso gli Stati membri informano immediatamente il cittadino del paese terzo in merito alla possibilità di presentare tale ricorso.

Il cittadino di un paese terzo interessato è liberato immediatamente se il trattenimento non è legittimo.

3. In ogni caso, il trattenimento è riesaminato ad intervalli ragionevoli su richiesta del cittadino di un paese terzo interessato o d’ufficio. Nel caso di periodi di trattenimento prolungati il riesame è sottoposto al controllo di un’autorità giudiziaria.

4. Quando risulta che non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi o che non sussistono più le condizioni di cui al paragrafo 1, il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata è immediatamente rilasciata.

5. Il trattenimento è mantenuto finché perdurano le condizioni di cui al paragrafo 1 e per il periodo necessario ad assicurare che l’allontanamento sia eseguito. Ciascuno Stato membro stabilisce un periodo limitato di trattenimento, che non può superare i sei mesi.

6. Gli Stati membri non possono prolungare il periodo di cui al paragrafo 5, salvo per un periodo limitato non superiore ad altri dodici mesi conformemente alla legislazione nazionale nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l’operazione di allontanamento rischia di durare più a lungo a causa:

a) della mancata cooperazione da parte del cittadino di un paese terzo interessato, o

b) dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi.

Articolo 16

Condizioni di trattenimento

1. Il trattenimento avviene di norma in appositi centri di permanenza temporanea. Qualora uno Stato membro non possa ospitare il cittadino di un paese terzo interessato in un apposito centro di permanenza temporanea e debba sistemarlo in un istituto penitenziario, i cittadini di paesi terzi trattenuti sono tenuti separati dai detenuti ordinari.

2. I cittadini di paesi terzi trattenuti hanno la possibilità — su richiesta — di entrare in contatto, a tempo debito, con rappresentanti legali, familiari e autorità consolari competenti.

3. Particolare attenzione è prestata alla situazione delle persone vulnerabili. Sono assicurati le prestazioni sanitarie d’urgenza e il trattamento essenziale delle malattie.

4. I pertinenti e competenti organismi ed organizzazioni nazionali, internazionali e non governativi hanno la possibilità di accedere ai centri di permanenza temporanea di cui al paragrafo 1, nella misura in cui essi sono utilizzati per trattenere cittadini di paesi terzi in conformità del presente capo. Tali visite possono essere soggette ad autorizzazione.

5. I cittadini di paesi terzi trattenuti sono sistematicamente informati delle norme vigenti nel centro e dei loro diritti e obblighi. Tali informazioni riguardano anche il loro diritto, ai sensi della legislazione nazionale, di mettersi in contatto con gli organismi e le organizzazioni di cui al paragrafo 4.

Articolo 17

Trattenimento di minori e famiglie

1. I minori non accompagnati e le famiglie con minori sono trattenuti solo in mancanza di altra soluzione e per un periodo adeguato il più breve possibile.

2. Le famiglie trattenute in attesa di allontanamento usufruiscono di una sistemazione separata che assicuri loro un adeguato rispetto della vita privata.

3. Ai minori trattenuti è offerta la possibilità di svolgere attività di svago, tra cui attività di gioco e ricreative consone alla loro età e, in funzione della durata della permanenza, è dato accesso all’istruzione.

4. Ai minori non accompagnati è fornita, per quanto possibile, una sistemazione in istituti dotati di personale e strutture consoni a soddisfare le esigenze di persone della loro età.

5. L’interesse superiore del bambino costituisce un criterio fondamentale per il trattenimento dei minori in attesa di allontanamento.

Articolo 18

Situazioni di emergenza

1. Nei casi in cui un numero eccezionalmente elevato di cittadini di paesi terzi da rimpatriare comporta un notevole onere imprevisto per la capacità dei centri di permanenza temporanea di uno Stato membro o per il suo personale amministrativo o giudiziario, sino a quando persiste la situazione anomala detto Stato membro può decidere di accordare per il riesame giudiziario periodi superiori a quelli previsti dall’articolo 15, paragrafo 2, terzo comma, e adottare misure urgenti quanto alle condizioni di trattenimento in deroga a quelle previste all’articolo 16, paragrafo 1, e all’articolo 17, paragrafo 2.

2. All’atto di ricorrere a tali misure eccezionali, lo Stato membro in questione ne informa la Commissione. Quest’ultima è informata anche non appena cessino di sussistere i motivi che hanno determinato l’applicazione delle suddette misure eccezionali.

3. Nulla nel presente articolo può essere interpretato nel senso che gli Stati membri siano autorizzati a derogare al loro obbligo generale di adottare tutte le misure di carattere generale e particolare atte ad assicurare l’esecuzione degli obblighi ad essi incombenti ai sensi della presente direttiva.

CAPO V

DISPOSIZIONI FINALI

Articolo 19

Relazione

La Commissione riferisce ogni tre anni al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione della presente direttiva negli Stati membri e propone eventuali modifiche.

La Commissione presenta la prima relazione entro il 24 dicembre 2013, incentrandola in particolare sull’applicazione dell’articolo 11, dell’articolo 13, paragrafo 4, e dell’articolo 15 negli Stati membri. Per quanto riguarda l’articolo 13, paragrafo 4, la Commissione valuta in particolare l’ulteriore impatto finanziario e amministrativo negli Stati membri.

Articolo 20

Attuazione

1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 24 dicembre 2010. Per quanto riguarda l’articolo 13, paragrafo 4, gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 24 dicembre 2011. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

Articolo 21

Relazione con la convenzione Schengen

La presente direttiva sostituisce le disposizioni degli articoli 23 e 24 della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen.

Articolo 22

Entrata in vigore

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Articolo 23

Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.

Fatto a Strasburgo, addì 16 dicembre 2008.

Per il Parlamento europeo

Il presidente

H.-G. Pöttering

Per il Consiglio

Il presidente

B. Le Maire

[1] Parere del Parlamento europeo del 18 giugno 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 9 dicembre 2008.

[2] GU L 326 del 13.12.2005, pag. 13.

[3] GU L 261 del 6.8.2004, pag. 28.

[4] GU L 381 del 28.12.2006, pag. 4.

[5] Regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU L 105 del 13.4.2006, pag. 1).

[6] GU L 131 dell’1.6.2000, pag. 43.

[7] GU L 64 del 7.3.2002, pag. 20.

[8] GU L 176 del 10.7.1999, pag. 31.

[9] GU L 53 del 27.2.2008, pag. 1.

[10] GU L 83 del 26.3.2008, pag. 3.

[11] GU L 261 del 6.8.2004, pag. 19.

[12] GU L 239 del 22.9.2000, pag. 19.

[13] GU L 304 del 30.9.2004, pag. 12.

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