Nel 1997, speronata da una corvetta italiana, affondò nell’Adriatico con 108 persone. Rischiava la demolizione, ora diventerà a Otranto un monumento per tutte le vittime del mare
Roma – 19 luglio 2011 – Sono passati ormai più di quattordici anni dalla strage del Canale d’Otranto. La notte del 28 Marzo 1997 la nave militare italiana Sibilla speronò in acque internazionali la Katër i Radës, provocandone l’affondamento con la morte di cento e otto persone, molte delle quali donne e bambini. Fuggivano tutti dalla guerra civile che era scoppiata in Albania dopo il fallimento delle Piramidi finanziarie.
Per la “strage del Venerdì Santo”, il 28 giugno scorso sono stati condannati in appello il comandante della Sibilla e il pilota della Katër i Radës, ma una questione rimaneva aperta. Ripescata dal fondo del mare e rimorchiata a Brindisi, quella che fu una bara per centinaia di persone andava incontro alla demolizione. Questo, nonostante le richieste dei familiari delle vittime che avrebbero voluto riportare il relitto a Valona.
Nel silenzio del governo Albanese, in Italia si sono mossi l’associazione italo albanese Skanderbeg di Bologna, il periodico Bota Shqiptare, il gruppo Antirazzisti Brindisini e tante persone che hanno preso a cuore il destino di quella nave. Ma è stato l’intervento di Klodiana Çuka, presidente di Integra Onlus, a rivelarsi finalmente risolutivo: porterà nei prossimi giorni Katër i Radës a Otranto, per farne un monumento alla memoria delle tante vittime del mare.
Çuka ha scritto al Sindaco di Otranto, Luciano Caridi: “Abbattere il relitto della nave è una doppia uccisione della memoria collettiva di un popolo. (…) vista la sensibilità del popolo del Salento e di Otranto, in particolare, tanto da aver sfiorato il Premio Nobel per l’accoglienza, credo che non ci sarebbe posto migliore di Otranto stesso per far diventare il relitto un monumento “alla memoria” delle tante vite ingoiate e sepolte in quel tratto di mare”. Pochi giorni dopo il sindaco le ha comunicato che Otranto avrebbe accolto la nave.
“Vogliamo che la Katër i Radës dia vita ad un progetto permanente che richiamando un’azione di sensibilizzazione locale e degli artisti, locali ma anche esponenti del mondo artistico albanese, apra uno spaccato storico-culturale affinché la memoria della tragedia non si perda, ma permanga iscritta nel tempo, testimone di una pagine di storia che non sbiadirà mai” dice a Shqiptariiitalise.com Klodiana Çuka.
La notizia ha suscitato la felicità partecipata di tutti i volontari e operatori di Integra, dei familiari delle vittime e dei tanti amici albanesi e italiani che avevano preso a cuore la salvezza della nave e che hanno seguito la faccenda costantemente in tutti questi anni.
Una grande vittoria. “Un atto oltre che doveroso, di profondo valore etico e umano, di dissoluzione di ogni linguaggio xenofobo e razzista, nella speranza che tragedie simili non si ripetano più, in una società democratica che non può accettare che in nome della presunta sicurezza di un Paese, si innalzino barriere che impediscono ogni forma di accoglienza e che violano il diritto internazionale” dice Çuka.
Per saperne di più: Katër i Radës, la nave della tragedia, è salva (Shqiptariiitalise.com)
Keti Biçoku