Roma – 22 settebre 2011 – Mentre in Italia si celebra il ventennale dell’arrivo di migliaia di albanesi a Bari e a Brindisi, a Venezia, in concomitanza con la 68. Mostra d’Arte Cinematografica si è svolta OPEN, l’Esposizione Internazionale di Sculture e Installazioni, giunta alla sua quattordicesima edizione.
Tra le tante opere esposte figura anche DO,TRY, un’enorme chiave realizzata in ferro, alluminio, vinavil, gesso, juta, schiuma e vetroresina dell’artista albanese Alfred Mirashi.
Il suo nome d’arte è Milot, come la cittadina nell’Albania del nord in cui è nato. L’Albania la porta ancora nel cuore, e attraverso di esso nelle sue opere. Le grosse tele – appartenenti al ciclo “Angolo Mediterraneo” – sembrano il racconto a colori dei paesaggi albanesi, con le montagne innevate ornate dall’azzurro del cielo, la luce inebriante del sole e degli aranceti accanto alle candide statue di Butrinti.
Dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano, Milot non si è più fermato: Londra, Firenze, New York, Berlino, Napoli. Nel Castello Angioino di Napoli, Milot ha esordito nel 2003 con le sue celebrate “Veneri”, sette uova giganti in cemento armato, con sopra dipinte sette icone del nostro tempo, da Madre Teresa a Maradona, passando per l’eroe nazionale albanese Scanderbeg e Dante.
Poi nelle sue tele e nelle sue sculture sono apparse le chiavi.
Probabilmente proprio questa idea ha colpito il critico Carmelo Strano il quale definendo l’opera di Milot “una chiave miracolosa”, si chiede: “E se l’Onu lo facesse circolare, in qualsiasi modo, questo messaggio di arte e di pace?”.
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Çelësi i artë i suksesit të MILOTIT (Shqiptariiitalise.com)
Irida Cami