30 gennaio 2012 – È stato inaugurato ieri a Otranto il monumento “L’Approdo. Opera all’Umanità Migrante”, diventato da subito noto perché è stato realizzato utilizzando la parte superiore della Katër i Radës, l’imbarcazione albanese che il Venerdì Santo del 1997 affondò nel canale d’Otranto, dopo la collisione con la corvetta Sibilla della Marina militare italiana. I morti furono 81, in gran parte donne e bambini.
L’opera è stata ideata e realizzata dall’artista greco Costas Varotsos, scelto dalla Biennale dei Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo e da Copeam con il sostegno del Comune di Otranto, e dall’Istituto di Culture Mediterranee della Provincia di Lecce, tutti soggetti che hanno preso a cuore la trasformazione della nave in un monumento dedicato tutte le vittime del mare.
La storia della tragedia di Venerdì Santo del 1997 è lunga e travagliata, così com’è quella del relitto della Katër i Radës, dimenticato per anni anche nel totale silenzio del governo albanese. Rischiava la rottamazione, come previsto dalla sentenza del 29 giugno 2011 che riconobbe come unici colpevoli della tragedia i comandanti della Sibilla e della Katër i Radës. Ci furono vari tentativi per sensibilizzare l’opinione pubblica su un episodio che nessuno sembrava voler ricordare e sul salvataggio di un relitto che nessuno voleva.
In tutti questi anni Bota Shqiptare e shqiptariiitalise.com hanno seguito e promosso le iniziative legate al salvataggio di Katër i Radës. Qui uno speciale online che ripercorre tutte le tappe della vicenda. È stato però l’intervento dell’associazione umanitaria Integra Onlus diretta da Klodiana Çuka, con l’appoggio pieno del Comune di Otranto a salvare Katër i Radës dalla demolizione.
L’inaugurazione del monumento non ha spento le polemiche. Invitati alla inaugurazione dell’opera, i rappresentanti dei familiari delle vittime non hanno accettato di essere loro a svelarlo. Rimangono dell’idea che la storia di Kater non è finita. Per loro l’unica, magra consolazione è il ritorno in Albania di due pezzi della nave, il faro e la bussola.
Grazie alla tenacia di due giovani artisti albanesi Arta Ngucaj e Arben Beqiraj, chiamati a Otranto per realizzare un “itinerario di ricerca e di scoperta” attorno al tema del rapporto tra comunità locali e migrazioni, si potranno portare i due pezzi della sfortunata nave a Valona, dove verranno utilizzati per creare un piccolo monumento ai caduti del mare che separa l’Albania e l’Italia.
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Keti Biçoku