Oggi Krawczel fa l’ imprenditore, ma ha un passato da "piccolo Annibale". "Qualcuno mi diceva tornatene in Africa!"
Roma – 24 giugno 2015 – A piedi, sulla neve, attraverso le Alpi. Come un piccolo Annibale senza elefanti al seguito, accompagnato dal padre e dal fratellino. Così, in una notte di novembre del 1988, quando aveva appena 9 anni, Rafal Krawczel arrivò in Italia, oltrepassando di nascosto il confine come tanti suoi connazionali.
Anche se i suoi primi anni nel Bel Paese non furono tutti rose e fiori, ricorda quei tempi con umorismo su Naszswiat.net. Oggi, il 36enne polacco fa l’ imprenditore. Da più di due anni, insieme a suo fratello minore Łukasz gestisce il loro negozio con infissi a Ostia. Inoltre dà un suo contribuito nell'integrazione dei polacchi in Italia e nella promozione di marchio made in Poland e cerca di impegnarsi in politica, come ha fatto candidandosi alle ultime elezioni amministrative.
Come siete arrivati in Italia?
I primi a venire sono stati i miei genitori. Quando sono riusciti a mettere da parte una quantità sufficiente di lire, nostro papà e tornato a Zielona Góra a prendere me e mio fratello. Io avevo 9 anni, lui 7, perciò non era semplice per noi attraversare le Alpi innevate.
Cosa ricordi dei tuoi primi giorni in Italia?
Roma in realtà doveva essere solo una tappa del nostro viaggio, poiché i miei volevano emigrare in Canada. Per fortuna si sono affezionati alla Città Eterna e gli è passata la voglia di dover cominciare tutto da capo. Sono partito dalla Polonia conoscendo tre parole in italiano uno, due, tre. Nei primi sette giorni avevo il compito di dover imparare maggior numero possibile di vocaboli. Il manuale “Mówimy po włosku” (Parliamo italiano) era il mio pane quotidiano, sostituì pure i miei fumetti preferiti. L’ottavo giorno, senza conoscere nessuno e le regole della vita in Italia, ho cominciato a frequentare la scuola elementare.
Come andò con i nuovi compagni?
Devo dire che i primi giorni non erano facili. Alcuni bambini, ai quali era stata inculcata la paura degli stranieri, mi dicevano frasi tipo “Torna in Africa , polacco di m…!”. Per fortuna erano la minoranza. Altri compagni di classe mi aiutavano a imparare italiano, per esempio disegnando un albero e sillabando al-be-ro.
Che approccio avevano gli italiani negli anni ’80 con gli immigrati polacchi?
Mi ricordo lo stupore di alcuni, quando venivano a sapere che la Polonia non confina con l’Italia. Per loro sembrava impossibile che una Polski Fiat 126p (la macchina con la quale la maggior parte delle famiglie polacche giungeva in Italia) potesse fare così tanti chilometri!
È difficile fare impresa in Italia?
All’ inizio bisogno attraversare un labirinto burocratico, creato dallo Stato nell’ ambito della campagna “Paese favorevole ai lavoratori autonomi”. A volte ci può volere anche un anno per fare tutte le pratiche andando da uno sportello all’ altro… Noi però siamo partiti e adesso le cose vanno molto bene. Importiamo infissi dalla nostra città natale in Polonia e questo ci permette di rivenderli a prezzi competitivi. Il passaparola dei clienti soddisfatti vale più di tante pubblicità
Un italiano medio con cosa associa la Polonia?
Con papà Giovanni Paolo II, e penso che sarà così ancora per tanto tempo. Agli italiani piacciono poi le donne polacche. E ultimamente conoscono il nostro Paese anche grazie a sportivi famosi, come Kubica o Lewandowski.
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