Roma – 6 settembre 2014 – “Piccola Patria”, prima opera di finzione di Alessandro Rossetto arrivata in questi giorni alla mostra Internazionale del film di Venezia, racconta il lato oscuro e soffocante della provincia italiana. Tramite le storie d’amore, i ricatti, la rabbia, il sogno di scappare lontano dei giovani Luisa, Renata, Bilal da una parte, e i pregiudizi, il razzismo, la resa e la mancanza di prospettive della generazione dei genitori dall’altra.
In questo racconto cupo nessuno è un angelo, nessuno è pulito, tutti sono vittime e carnefici allo stesso tempo, che rischiano di perdere tutto, dall’amore alla vita stessa. Ma più vittime degli altri sono gli immigrati, Bilal e il suo amico Anes, che subiscono i pregiudizi e la discriminazione della gente del posto, un paesino veneto, che dello straniero si sentono minacciati.
Bilal, uno dei protagonisti del film, è interpretato dal 30enne Vladimir Doda. Nato in Albania, in Italia dal 2002, Doda ha avuto diversi ruoli in teatro ma Bilal è il suo primo ruolo cinematografico, che interpreta benissimo e con naturalezza, mettendo in luce il carattere complesso e sognatore del suo personaggio, dolce e altruista con la fidanzata italiana Luisa e gli amici, ma anche chiuso e solitario con la grande voglia di mettere radici in una società che gli è ostile.
Piccola patria rispecchia l’atteggiamento della società italiana nei confronti degli stranieri?
“L’immigrazione e il comportamento della società al fenomeno sono un argomento delicato e con tante facce. Non posso dire che quello che subisce Bilal non capiti anche nella realtà, ma non è la norma. Non posso dire nemmeno che succederebbe soltanto in Italia. Voglio dire che la paura, la diffidenza verso il diverso, esistono ovunque, e sono proprio questi sentimenti che portano discriminazione e razzismo”.
In Italia, secondo te, c’è razzismo?
“Sì. Mi ricordo appena arrivato a Roma, gli albanesi venivano etichettati o come ballerini o come criminali. Perché sull’opinione pubblica i media giocano un ruolo importantissimo. Ma questo non vuol dire che la maggior parte non facesse altri mestieri rispettabilissimi.
E ora?
"Adesso sembra che gli albanesi siano diventati bravi, ma siamo sempre noi. Come mi diceva un anziano “Non si sente più parlare di voi, adesso i criminali sono i rumeni”. Appunto, il nuovo target della discriminazione sono altri, ma la discriminazione rimane”.
Ti trovi nel personaggio di Bilal?
“Certo, in diversi momenti. Non tanto nella discriminazione, che personalmente ho sofferto poco e nei primi anni. Essendo venuto in Italia per studiare e facendo l’attore, posso dire che non ho avuto nel nostro ambiente tali problemi. Per quanto riguarda il carattere di Bilal, sempre pronto ad aiutare gli amici e la persona che ama, anche a costo di mettersi nei guai, mi ci ritrovo molto. Sono caratteristiche che vedo in tanti albanesi. Il forte sentimento per la famiglia e l’amicizia ci fa chiudere un occhio anche quando un familiare o un amico sbaglia”.
Keti Biçoku
Vladimir Doda, “emigranti Bilal” në festivalin e Venecias (Shqiptariiitalise.com)