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Il prezzo da pagare alla demagogia

Lavoratori e clandestini: si prova a risolvere oggi ciò che si poteva (e si doveva) risolvere già ieri. Roma – 8 luglio 2009 – Il sottosegretario alla Famiglia Carlo Giovanardi non è un teorico. Da buon figlio dell’Emilia contadina, molto concretamente ha detto al suo governo: dopo aver varato il pacchetto-sicurezza, che rende reato la clandestinità dell’immigrato, cosa ne facciamo di circa 500mila persone che sono irregolari ma già lavorano in Italia, magari da anni?

Semplice: regolarizziamoli. Se il loro datore di lavoro ci sta, diamo a tutti il permesso di soggiorno. Portiamo alla luce del sole ciò che oggi è buio e nero. Diamo tranquillità alle famiglie che hanno un bisogno disperato delle loro colf e delle loro badanti, agli imprenditori che senza i loro operai non ce la farebbero, a tutti i nostri concittadini che dopo il decreto-sicurezza sarebbero dei veri e propri fuorilegge. E, poiché un po’ di carità cristiana non guasta, diamo serenità e dignità anche al mezzo milione di persone che lavora, paga le tasse, contribuisce al nostro pil e oggi si troverebbe in guai ancor più seri di prima.

Bravo il sottosegretario Giovanardi. Certo, viene da chiedersi come mai tutta questa emiliana concretezza esca fuori un minuto dopo il varo del decreto e non un minuto prima. Domanda a cui si possono tentare molte risposte in politichese, per poi doversi arrendere all’unica risposta possibile: è il prezzo da pagare alla demagogia.

Sul tema-immigrazione l’Italia è specialista degli slogan, delle trovate ad effetto, dei richiami emotivi. Non è tema su cui il buon senso sia molto di moda. Prima delle elezioni, l’allora presidente di AN Gianfranco Fini prese un impegno che suonava più o meno così: sull’immigrazione serve allo stesso tempo più umanità e più rigore. Quindi saremo accoglienti con chi lavora e spietati con chi delinque. Riguardo ai clandestini, vogliamo dare una sterzata restrittiva. Ma quelli che già sono qui li controlleremo uno ad uno. E dove vedremo che c’è lavoro e onestà, interverremo portandoli alla legalità; quindi concedendo il permesso di soggiorno.

Un discorso da vero leader, anzi da statista che affronta un tema delicato senza cedimenti alla propaganda. Solo che il presidente di AN è diventato presidente della Camera e quindi si è dimenticato (o forse… gli è stato chiesto di farlo) ciò che diceva prima del voto. Il decreto-sicurezza è quindi scivolato via senza che la maggioranza si perdesse in discussioni. L’opposizione, dal canto suo, dava il suo contributo alla malattia nazionale, attaccando demagogicamente soprattutto le “ronde” e i “medici-spia” e quasi del tutto ignorando la questione dei lavoratori irregolari.

Oggi che, per bocca di Giovanardi, il governo si sveglia dal suo torpore, la questione è diventata un po’ più complicata che un anno fa. Già, perché la Lega non è disposta a sotterrare l’ascia di guerra contro i “clandestini”. La sua è una battaglia di principio, o meglio di slogan, e quindi non conosce ragioni o mediazioni. Roberto Calderoli lo dice chiaramente: “È ora di finirla con l’idea che questo sia il Paese del ‘fatta la legge, trovato l’inganno’. La proposta di Giovanardi sulle colf e le badanti non è altro che una sanatoria, Sanatorie non se ne possono fare, non solo per scelta, ma anche perché sono state vietate dal ‘Patto europeo per l’immigrazione ed il diritto di asilo’ approvato all’unanimità dal Consiglio Europeo nell’ottobre 2008”.

Come se ne uscirà? Mentre i vescovi premono sulla sanatoria (o come si voglia chiamarla), partendo dal presupposto che molti lavoratori immigrati sono l’architrave della vita familiare, il governo punta su un fatto paradossale: il reato penale non è retroattivo. In altre parole: se da oggi essere clandestino è un reato, non è colpevole di tale reato chi entrò illegalmente in Italia in passato.

E’ un modo a dir poco elusivo di affrontare la questione: anche se non perseguibile penalmente, il lavoratore clandestino resta comunque un assurdo giuridico (non esiste per il diritto ma esiste, eccome, per il fisco e per il lavoro) e un assurdo umano (è una non-persona che lavora, abita in una casa, spesso ha una famiglia, ma non può neppure firmare un foglio di carta).

Pur di non guardare in faccia questa realtà, il nostro governo insiste nelle acrobazie. Un altro uomo pragmatico, il ministro Sacconi, suggerisce di “verificare tanto i modi di gestione della transizione, quanto la nuova programmazione dei flussi”.  Un modo per provare a risolvere oggi ciò che si poteva (e si doveva) risolvere già ieri.

Sergio Talamo

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