Campagna contro la circolare di Manganelli. "Un’interpretazione della legge ingiusta e irrazionale"
Roma – 9 aprile 2010 – "Questa è una storia di legalità punita. La storia di datori di lavoro italiani e lavoratori immigrati presi in giro per aver avuto fiducia in una legge dello Stato, stabilizzato un lavoro sommerso, dichiarato la loro situazione a prefetture e questure, e per aver pensato infine che la legge fosse uguale per tutti".
Inizia così l’appello lanciato qualche settimana fa da giuristi, intellettuali, artisti e altre persone di chiara fama contro l’esclusione dalla regolarizzazione di colf e badanti che hanno alle spalle un’espulsione e una condanna per non aver obbedito all’ordine del Questore di lasciare l’Italia. Un caso nato dopo che a metà marzo una circolare del Capo della polizia Antonio Manganelli ha esteso a tutto il Paese la linea dura applicata fino a quel momento solo da alcune Questure.
La legge 102/2009, scrive Manganelli nella circcolare, vieta di regolarizzare chi è stato condannato per un reato per cui "è obbligatorio o facoltativo l’arresto in fragranza". Sarebbe questo il caso dello straniero condannato perché "senza giustificato motivo permane illegalmente nel territorio dello Stato in violazione dell’ordine impartito dal Questore di allontanarsi dal territorio nazionale entro cinque giorni".
Questa interpretazione è contestata in punta di diritto da Guido Savio, avvocato torinese che aderisce all’Associazione Studi Giuridici sull’immigrazione, secondo il quale la "versione Manganelli" non sta in piedi, è ingiusta e irragionevole.
Tra le altre cose, sottolinea Savio in una dettagliata analisi, "secondo l’opinione ministeriale, gli espulsi per irregolarità di ingresso e/o soggiorno – che pure sono inottemperanti all’ordine del questore – possono sanarsi, se però sono stati un poco più sfortunati, e sono stati fermati una seconda volta, e, solo per questo arrestati e condannati, allora no, dura lex, sed lex". La possibilità di emersione dipenderebbe quindi da un semplice caso.
Una beffa, si legge nell’appello, che alle motivazioni giuridiche ne aggiunge altre di buon senso. "Lo scopo della norma era proprio quella di regolarizzare chi era rimasto senza documenti di soggiorno, e non ha alcun senso distinguere tra coloro che erano stato espulsi (sulla carta) una sola volta da coloro che lo sono stati (sempre sulla carta) più volte. Questa differenza tra situazioni identiche è del tutto casuale ed è legata alla maggiore visibilità di alcuni rispetto ad altri a causa del colore della pelle o alla povertà".
Da qualche giorno l’appello è anche sul web, e chi vuole può firmarlo online. Nella speranza (quanto fondata?) che migliaia di firme convincano il ministero dell’Interno a una onorevole marcia indietro.
Leggi e sottoscrivi l’appello online
Scarica l’analisi giuridica di Guido Savio
Elvio Pasca