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I radicali: “Controlli nelle case razzisti e illegali”

Poliziotti travestiti da operai del gas per farsi aprire la porta.

Roma – 17 febbraio 2010 – Immigrato, quindi sospetto.

È la regola del racial (o ethnic) profiling, una forma di discriminazione che scatta quando le forze dell’ordine  si basano sui tratti etnici o sulla provenienza di una persona per valutarne la pericolosità. Una delle conseguenze più comuni è che un nero o un arabo hanno più probabilità di essere fermati per un controllo rispetto a un bianco. 

Secondo “Il libro nero della Sicurezza”, un’inchiesta del giornalista Fabrizio Cassinelli che sta per arrivare in libreria, sarebbe questa la pericolosa deriva della Polizia di Milano, impegnata nei controlli nelle case degli immigrati. Gli agenti avrebbero anche utilizzato trucchi e travestimenti, agendo senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria o altri motivi che, a rigor di legge, giustificherebbero la violazione di un domicilio.

Le finte fughe di gas
Le agenzie di stampa hanno anticipato alcuni passaggi dell’inchiesta. “Quando noi entravamo in un palazzo era sempre su segnalazione di un amministratore, o di qualche inquilino che ci raccontava di appartamenti abitati da molti stranieri. Anche senza denunce, bastava una telefonata” racconta un agente milanese.

“Alcuni – continua  – mandavano delle mail in Assessorato, altri chiamavano il centralino del comando. Per convincere la gente ad aprire ci si presentava come operai del gas e per essere ancora più convincenti dicevamo che c’era una perdita”.  Nella messinscena  i poliziotti utilizzavano anche “delle bombolette di odorizzatore, che è quella sostanza che si addiziona al gas della rete, che di suo è inodore, per fare in modo che si sentisse proprio l’odore del gas, appunto. E quelli aprivano”.

A chi gli contesta una pratica al di fuori della legalità, l’agente controbatte che “quelli mica erano italiani, quelli si evitavano. E quelli che non aprivano li lasciavamo perdere”. Un cittadino senegalese conferma: “Con la scusa di vedere gli impianti del gas, mi hanno fotografato tutta la casa, mi hanno chiesto come cucino, se la donna che si trovava in casa era la mia fidanzata…Ma poi tutto questo a che titolo? E dove sono finiti quei documenti?”.

"Maroni intervenga"
Il caso arriva in Parlamento grazie a un’interrogazione presentata oggi dai senatori Donatella Poretti e Marco Perduca, radicali del Pd, che chiedono l’intervento del ministro dell’Interno Roberto Maroni. “Questo racconto, se confermato, rivela una diffusa cultura dell’illegalità, del disprezzo dello Stato di diritto e dei diritti umani e civili all’interno del Corpo della Polizia di Stato” scrivono.

I radicali puntano il dito contro  l’”individuazione dei soggetti da controllare sulla base dell’essere o meno straniero, che viola i principi di uguaglianza sanciti dalla Costituzione e da numerosi trattati internazionali”. Inoltre, controlli e perquisizioni sarebbero “illegali, in quanto gli agenti erano sprovvisti di qualsiasi autorizzazione (flagranza di reato, mandato di perquisizione, etc.), tanto è vero che per entrare ingannavano le vittime”. Un comportamento illegale sotto molti aspetti, “dalla violazione di domicilio all’abuso di potere”.

A Maroni, Perduca e Poretti  chiedono di accertare i fatti, individuare e punire i responsabili. Ma anche di prevenire episodi di questo tipo, con corsi di formazione “che educhino le forze dell’ordine al rispetto dei diritti civili e costituzionali della persona, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Elvio Pasca

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