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Insulti razzisti al derby della Lanterna

La vittima è il genoano Abdoulay Konko. I  tifosi chiedono l’intervento della Uefa

Genova – 21 febbraio 2008 –  I tifosi del Genoa potranno digerire la sconfitta al derby di domenica scorsa, ma di certo non vogliono mandare giù l’insulto razzista lanciato dal sampdoriano Armando Campagnaro a uno dei loro beniamini, il centrocampista Abdoulay Konko.

I meno attenti avranno notato solo una zuffa tra i due giocatori al 38’ del secondo tempo. A rivelarne il retroscena è stato però lo stesso Konko: “Mi ha rivolto un insulto a sfondo razziale. Di solito non ci do importanza, mi era accaduto anche una volta un serie B. Sono un tipo tranquillo, non reagisco mai. Domenica l’ho fatto perché ero nervoso per il derby”.

L’arbitro pare non aver udito l’insulto, non l’ha annotato sul referto e dopo la mischia ha ammonito entrambi. Campagnaro non è stato quindi squalificato, come prevederebbero le norme antirazziste sui campi di calcio. Ma anche Koko vuole dimenticare: “Mi dispiace perché la mia reazione è stato un brutto esempio per il pubblico, soprattutto per i bambini. Per me comunque è finito tutto lì”.

I suoi tifosi non sono però disposti a soprassedere con tanta leggerezza e chiedono che il sampdoriano venga punito.

Sul “sito dei Grifoni”, ad esempio, invocano la prova Tv, citano sentenze antirazziste della Cassazione e recriminano che se Campagnaro fosse stato genoano si sarebbe beccato una squalifica. C’è poi chi non si limita a uno sfogo con i compagni di curva, ma propone di inviare una  lettera a Michel Platini, presidente del Uefa.

Il testo è già stato preparato da un intraprendente tifoso. Oltre a segnalare quanto accaduto durante il derby, sottolinea che a poco serve proporre piani d’azione anti-intolleranza e l’adozione di provvedimenti disciplinari contro i colpevoli, se poi rimangono inapplicati.

“Al di là delle apprezzate prese di posizione dei vertici Uefa, – conclude il rossoblu – i comportamenti concreti di tesserati, arbitri, organi di giustizia sportiva, società calcistiche non sono ispirati dal medesimo rigore nei confronti dell’odioso fenomeno del razzismo che il calcio, quale veicolo di integrazione sociale, dovrebbe contribuire a condannare e reprimere e non, come invece sembra trasparire dagli episodi riferiti, tollerare o peggio volutamente ignorare”.

Elvio Pasca
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