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Milano. Fine della caccia al filippino

In manette quattro ventenni, denunciati dodici minori. Terrorizzavano gli asiatici nei pressi di piazza Prealpi

 

Milano – 6 marzo 2008 – I filippini appartengono a una delle comunità di immigrati più numerose e meglio radicate in Italia. Eppure sono capitati nel mirino di una banda di teenager italiani che davano loro la caccia in un quartiere della zona nord di Milano. Organizzavano aggressioni e spedizioni razziste apparentemente senza alcun pretesto contro qualunque membro della comunità asiatica si trovassero di fronte. Botte e minacce spesso non venivano denunciate dalle vittime, ma da tempo avevano creato un clima di terrore.

Con l’accusa di "atti di violenza per motivi razziali ed etnici, lesioni personali, porto di armi ed oggetti atti ad offendere" quattro ventenni incensurati sono stati arrestati e posti ai domiciliari dai carabinieri del Nucleo informativo di Milano. Altri dodici sono stati denunciati per lo stesso reato. E hanno tutti tra i 16 e i 17 anni e mezzo. La cieca violenza di cui sono stati artefici tutt’oggi non ha trovato una spiegazione chiara. E la mancanza di una sorta di “movente” la rende ancor più cruda e dura da digerire dalla comunità.

"Mio figlio era terrorizzato – racconta ai carabinieri una madre aggredita con il marito e i due figli, per strada, senza una ragione -. Non andava più a scuola, non si accompagnava più con i suoi coetanei filippini per paura di dare nell’occhio. Avevamo persino preso in considerazione l’ipotesi di rimandarlo in patria, dai nonni".

I carabinieri avevano cominciato ad indagare sin dai primi episodi segnalati nel mese di maggio dello scorso anno. In due di quei casi una quindicina di scalmanati hanno aggredito quattro ragazzi asiatici che giocavano a pallone, e altri quattro o cinque hanno invece picchiato una famigliola. Si erano limitati a chiedergli, per strada: "Siete filippini?". E la risposta affermativa aveva dato il via alle botte. E della foga dei baby gangster era stato vittima anche un italiano, intervenuto in loro aiuto e per questo oggetto di una coltellata.

Le Forze dell’ordine sospettano che ci siano stati altri fatti simili, che per paura non sono stati mai denunciati. Ragazzi che potrebbero essere definiti comuni, se non si contano le teste rasate (ormai una moda diffusa, che solo abbinata ad altri fattori potrebbe alludere a certe ideologie estremiste) e se non si fa caso agli anni ripetuti dietro gli stessi banchi delle scuole superiori.

Dalle perquisizioni effettuate nelle abitazioni non sono emersi elementi che facciano pensare a un gruppo con matrice politica. Niente bandiere, simboli o documenti razzisti. Ma le frasi dette ai filippini sarebbero state invece inequivocabili: "torna al tuo paese" e "filippino di m…". Sono state però trovate mazze di ferro, da baseball, coltelli e pugnali. Così i carabinieri sono propensi a ritenere che le cause non debbano essere cercate in deliri di matrice politica o di tifoserie ultras, ma altrove. Forse in un regolamento di conti per il controllo della ‘piazza’ dello spaccio (piazza Prealpi), poi sfociato in un’avversione per tutta la comunità filippina della zona.

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