Roma – 19 ottobre 2011 – Non si sa quanti immigrati hanno già risposto al questionario del Censimento, ma una cosa è certa: chi è senza permesso di soggiorno non ha nulla da temere.
“Censiamo solo le persone che sono in Italia regolarmente” ha spiegato ieri il presidente dell’Istat Enrico Giovannini, incontrando a Roma i giornalisti della stampa etnica. Un concetto ribadito dal capo dipartimento dei Censimenti, Andrea Mancini: “Non stiamo dando la caccia ai clandestini”.
Alla seconda pagina del questionario si spiega che nella Lista A, dedicata alle “persone che hanno dimora abituale nell’alloggio”, vanno solo gli immigrati extraue “iscritti in anagrafe o in possesso di regolare titolo a soggiornare in Italia” come un permesso di soggiorno o il cedolino della prima richiesta o del rinnovo. In questi casi di dovrà rispondere a tutte le domande del censimento.
E i clandestini? Se in casa ce n’è qualcuno, andrebbe segnalato nella Lista B, dedicata alle “persone temporaneamente presenti”, delle quali non si scrive il nome, ma solo sesso, data e luogo di nascita, dimora abituale e cittadinanza. Nient’altro. “Ci interessa sapere se in quella casa c’è qualcuno di passaggio, non chi è. Può essere un clandestino o un turista, per noi è indifferente” ha chiarito Mancini.
“Le informazioni raccolte– ha aggiunto Giovannini – possono essere utilizzate solo per fini statistici e di ricerca, non verranno utilizzati per fini amministrativi, se non per la revisione delle anagrafi”. Quindi anche i clandestini che, per errore, hanno lasciato i propri dati nel questionario, dormano sonni tranquilli, la Polizia non lo verrà mai a sapere.
Il censimento ha domande dedicate all’immigrazione, come quelle su dove si dimorava un anno o cinque anni fa. Ce ne sono poi altre per chi ha acquisito la cittadinanza italiana, ma curiosamente, alla domanda “in che modo?” si può rispondere solo “per matrimonio” o “altro”. Eppure, la maggior parte delle acquisizioni è ormai “per residenza”, e con la macrocategoria “altro” si perde anche il dettaglio, interessante, sui figli di immigrati nati e cresciuti qui che diventano italiani a diciotto anni.
Stupisce che manchino domande sulla religione. “Il censimento – ha risposto il presidente dell’Istat – non era lo strumento migliore per indagare su dati così sensibili, per i quali, tra l’altro, non sarebbe stato possibile obbligare alla risposta. L’Istat sta lavorando intanto a un’indagine sulla discriminazione con tecniche molto particolari e innovative, che potrà essere un banco di prova”.
L’Istat sta mettendo in campo molti strumenti per informare gli immigrati, dalle campagne sulla stampa etnica al numero verde gratuito 800.069.701 che dà informazioni e chiarimenti in più lingue. Stranieriinitalia.it ha messo online le traduzioni delle guide alla compilazione, ma chi è in difficoltà potrà anche farsi aiutare dal personale dei centri di raccolta o dai rilevatori che passeranno a ritirare i questionari non restituiti.
“Abbiamo chiesto ai Comuni di porre particoalre attenzione ai cittadini stranieri, coinvolgendo mediatori culturali e associazioni” ha raccontato Mancini. E che dire dei Comuni che non hanno voluto rilevatori immigrati? “Hanno scelto in autonomia, sbagliando e andando contro la legge, come dimostrano le sentenze dei giudici di Genova e Milano”.
Conviene ricordare che compilare e riconsegnare il questionario del censimento è un obbligo sancito dalla legge. Chi non risponde (o dà risposte volutamente false) verrà prima diffidato, poi multato con una sanzione minima di 206 euro. Tra l’altro è molto difficile farla franca, dal momento che ogni Comune sa a chi ha consegnato il questionario.
Naturalmente, se si fa involontariamente qualche errore, non c’è da preoccuparsi, al massimo si verrà ricontattati per chiarire e correggere. Nessuno è perfetto: “Anche io – ha ammesso ieri Giovannini – nel 2001 ho sbagliato una risposta del censimento…”
Elvio Pasca