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Diritto all’assegno di invalidità in mancanza di Permesso di soggiorno Ce

Diritto all’assegno di invalidità in mancanza di Permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo.

Il Tribunale di Bari, Sezione Lavoro, con dispositivo di sentenza del 13 maggio 2009, ha accolto il ricorso di una cittadina straniera, in possesso di regolare permesso di soggiorno,per l’ottenimento dell’assegno di invalidità civile. La cittadina straniera aveva presentato richiesta all’Inps per l’ottenimento dell’assegno di invalidità, l’Ente aveva rigettato la domanda, appellandosi all’art 80 co.19 della Legge Finanziaria del 2001 che prevede il possesso della Carta di soggiorno, oggi permesso Ce per soggiornanti di lungo periodo. Il Tribunale  di  Bari , alla luce delle sentenze della Corte Costituzionale, la  n. 306/2008 e la  n. 11/2009 , che hanno dichiarato la illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui non consente l’attribuzione della pensione di inabilità in favore di chi abbia solo il permesso di soggiorno e non il  Permesso Ce, ha ritenuto di non poter  escludere dalla concessione del beneficio   coloro che chiedano l’accesso all’assegno di invalidità civile il quale, com’é noto, é caratterizzato da fínalitá e presupposti del tutto sovrapponibili alla pensione d’invaliditá.

TRIBUNALE DI BARI

– SEZIONE LAVORO –

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

II Giudice del Tribunale di Bari, dott. Pietro Mastrorilli, in funzione di Giudice del Lavoro, alla pubblica udienza del 18.5.09 ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella controversia in materia di previdenza e assistenza obbligatoria

tra

XXX XXX, assistita e difesa dall’Avv. D. Belluccio

e

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, contumace

nonché

INPS, con l’Avv. C. Punzi

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in data 27.6.07 ante indicato in epigrafe conveniva in giudizio, davanti a quest’Autoritá Giudiziaria, il Ministero dell’Economia e l’INPS al fine di ottenere il riconoscimento del diritto all’assegno di invaliditá civile giá oggetto di richiesta in sede amministrativa, con i ratei arretrati, gli accessori di legge e con vittoria di spese e competenze di lite, da porsi in distrazione in favore del procuratore anticipatario.

Costituitosi il contraddittorio, l’INPS eccepiva invece il proprio difetto di legittimazione passiva in ordine alla domanda di accertamento delle condizioni di salute dell’istante, alla luce del disposto di cui all’art. 130 D.Lgs. n. 112 del 1998.

All’odierna udienza, dopo la rituale discussione, la causa é stata decisa come da separato dispositivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

In ordine alla questione dell’individuazione dei soggetti passivamente legittimati, é sufficiente richiamare l’insegnamento di Cass. n. 12681/02 che, con riferimento ai processi iniziati dopo il 3.9.1998 (ossia nella vigenza del D.Lgs. 112/98), ha ritenuto la legittimazione passiva esclusiva dell’INPS, senza dover piú distinguere tra azione di mero accertamento ed azione di condanna.

La S.C. ha inoltre motivatamente osservato che tale assetto normativo non risulta alterato dalla normativa sopravvenuta, e, segnatamente, dall’art. 37, 5° comma, L. 448/1998 che si

riferisce solo ai provvedimenti di revoca delle prestazioni assistenziali), né tanto meno dall’art. 45 D. lgs. 30 3.1999 n. 96, il quale attribuisce alle regioni funzioni meramente amministrative in subiecta materia

E’ stato altresì osservato che ininfluenti sono pure il D.P.C.M. 26.5.2000, il quale é privo di efficacia abrogativa e l’art. 80, commi 7 e 8, della L. 23.12.2000 n. 388 (finanziaria 2001) il quale dispone in tema di "potestá concessiva" dei benefici per cui é causa, ma sempre in ordine ad attivitá amministrative e non anche in materia di diritto processuale.

Da notare, infine, che il D.L. 30.9.2003 n. 269 (entrato in vigore il 2.10.2003) ha precisato che i ricorsi giudiziari vanno, in ogni caso, notificati anche al Ministero dell’Economia e delle Finanze, quale litisconsorte necessario, ed alle competenti Direzioni Provinciali del predetto Ministero.

E’ poi opportuno rammentare che, in virtú del combinato disposto degli artt. 10, comma 2, D.L. 2.9.2005 n. 203 (convertito nella L. 2.12.2005 n. 248) e 1, D.P.C.M. 30.3.2007 (pubblicato sulla G.U. n. 121 del 26.5.2007, per le sole controversie instaurate a far data dal 1.4.2007, l’INPS subentra al Ministero dell’Economia, per cui é sufficiente evocare in giudizio unicamente tale Istituto.

Quanto alle ulteriori eccezioni sollevate dalle parti convenute, va osservato che, dalla documentazione in atti, emerge che é stata completata la fase amministrativa e non risulta ancora spirato l’eccepito termine prescrizionale.

La domanda, nel merito, é fondata.

In ordine alle prestazioni richieste, si osserva che la pensione di inabilitá é disciplinata dall’art. 12 della L. n. 118/1971, che ne prevede la corresponsione in favore dei mutilati ed invalidi civili di etá superiore agli anni 18, nei cui confronti sia accertata una totale inabilitá lavorativa.

L’assegno mensile di invaliditá, invece, é disciplinato dal successivo art. 13 che ne prevede la corresponsione in favore di mutilati ed invalidi di etá compresa tra il 18° ed il 64° anno (incollocati al lavoro e per il tempo in cui tale condizione sussiste) nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacita lavorativa in misura almeno del 74% (e ció a partire dal 12.3.1992, data di entrata in vigore delle nuove tabelle di cui al D.M. del 5.2.1992, mentre per il periodo precedente la percentuale era di due terzi e cioé del 67%).

La concreta erogazione di entrambe le provvidenze é inoltre subordinata al possesso di determinate condizione economiche (v. art. 12, secondo comma, cit. e l’ultima parte del primo comma dell’art. 13) ed é prevista soltanto per i cittadini italiani, che abbiano residenza in Italia.

L’assegno mensile di cui sopra richiede inoltre l’iscrizione nelle liste speciali di collocamento per gli invalidi civili ex lege n. 482/1968 (v. sopra) che rappresenta un vero e proprio requisito costitutivo (v. al riguardo Cass. 28.8.2000 n. 11271; Cass. 13.6.2000 n. 8055) del diritto alla prestazione di che trattasi e che, solo per gli invalidi ultra cinquantacinquenni (v art. 1 e 19 L. n. 482/1968), puó essere surrogato dal mero stato di disoccupazione, comprovabile con ogni mezzo (v., tra le altre Cass. 2.1.2001 n. 4).

La sussistenza di tali condizioni non é mai stata oggetto di specifiche contestazioni, e comunque risulta dalla documentazione versata da parte ricorrente (v. certificazione reddituale e d’iscrizione nelle liste dei disabili con decorrenza 6.6.2006).

Quanto al requisito sanitario, l’apposita Commissione Medica di prima istanza, in seguito ha domanda amministrativa del 29.6.2005, ha riconosciuto in data 11.11.2005, un’invaliditá dell’80%, confermata nella visita di revisione dell’11.12.2007.

L’unico problema che dunque va risolto (sebbene la relativa questione, sintomaticamente, non é stata sollevata dall’INPS in sede di costituzione in giudizio) é rappresentato dal mancato possesso, da parte dell’istante, della carta e/o del c.d. permesso di soggiorno.

Sul punto la Corte Costituzionale, dopo essere intervenuta con la sentenza n. 306/2008 al fíne di estendere la concessione dell’indennitá di accompagnamento anche agli stranieri extracomunitari non in possesso dei requisiti di reddito stabiliti per la fruizione della carta di soggiorno (cosi dichiarando l’illegittima costituzionale in parte qua dell’art. 80, comma 19, L. n. 388/2000 e dell’art. 9, comma 1, D. Lgs. n. 286/1988 e successive modificazioni), é nuovamente intervenuta in subiecta materia con la recente sentenza n. 11/2009 dichiarando 1’illegittimità costituzionale delle medesime previsioni di cui sopra laddove precludono, sempre agli stranieri extracomunitari, non in possesso dei suddetti requisiti di reddito, l’accesso alla pensione d’inabilitá (evidente essendo nella specie la disparitá di trattamento tra cittadini e stranieri legalmente e non occasionalmente soggiornanti in Italia).

Per cui, in base ad una lettura costituzionalmente orientata delle suddette previsioni, non v’é dubbio che ad analoghe conclusioni debba pervenirsi anche in relazione all’assegno d’invaliditá civile per cui é giudizio, il quale, com’é noto, é caratterizzato da fínalitá e presupposti del tutto sovrapponibili alla pensione d’invaliditá (fatta eccezione per l’entitá della percentuale invalidante); tale conclusione peraltro é rafforzata dal rilievo che l’art. 80, comma 19, L. n. 388/2000 cit. (trattasi della finanziaria 2001), come visto dichiarato incostituzionale nella parte in cui subordina l’accesso alle prestazioni assistenziali sopra evidenziate alla titolaritá della carta di soggiorno, a ben vedere si riferisce, cumulativamente, alle "provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali…" ed "all’assegno sociale" (per cui é giudizio), per cui non sembra sia necessaria la rimessione di una nuova questione alla Consulta anche in relazione all’assegno d’invaliditá.

II ricorrente va dunque considerato invalido e l’INPS va condannato alla corresponsione della prestazione suindicata, con decorrenza dal 6.6.2006 (epoca del conseguimento del requisito d’iscrizione nelle liste dei disabili), giusta le risultanze dell’espletata CTU, e, quindi, alla corresponsione dei ratei scaduti.

II tutto, oltre al pagamento degli accessori secondo quanto indicato in dispositivo, a far data dalla maturazione di ciascun rateo (Cass. sez.un. 5.7.2004 n. 12270).

Le spese, in distrazione, seguono la soccombenza e vanno poste – in considerazione di quanto sopra argomentato in ordine alla questione dell’individuazione del soggetto passivamente legittimato ed alla luce del petitum dell’odierno giudizio – a carico dell’INPS, mentre appare opportuno compensarle tra il ricorrente ed il Ministero dell’Economia.

P.Q.M.

II Giudice del Lavoro, definitivamente pronunciando, cosi provvede:

– dichiara il diritto dell’istante alla corresponsione dell’assegno d’invalidità civile;

– per l’effetto condanna l’INPS alla corresponsione della relativa prestazione ed al pagamento dei ratei maturati con decorrenza dal 6.6.06 oltre interessi e danno da svalutazione monetaria secondo indici ISTAT, nei limiti previsti dall’art. 16, 6° comma, L. 30.12.1991 n. 412, a far data dalla maturazione di ciascun rateo;

– condanna l’INPS al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in complessivi Euro 800 (di cui 5 Euro per esborsi) oltre IVA e CPA come per legge, da distrarsi in favore del procuratore anticipatario;

– compensa le spese tra il ricorrente e le altre parti in causa.

Bari, 18.5.09

Il Giudice del Lavoro

Dr. Pietro Mastrorilli

 

 

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