"Oppressi dalla invasione". La ricetta dell’antropologa per restituire l’Italia agli italiani Roma – 6 maggio 2008 – “Genova non appartiene più ai genovesi, .. Firenze non appartiene più ai fiorentini, .. Roma non sta meglio”, perché hanno acquistato tutto gli immigrati, “un pezzo alla volta, un negozio alla volta” denuncia in un articolo pubblicato il 23 aprile 2008 su Il Giornale l’antropologa Ida Magli. "Comprano tutto quello che possono, – svela – convincendo facilmente i proprietari con l’abbondanza di denaro contante che possiedono, senza dilazioni o mutui, cosa che nessun italiano può permettersi”.
La soluzione? “È urgente emanare una legge che vieti l’acquisto di terreni, di edifici, di locali agli stranieri. Si tratta di una normativa talmente ovvia che esiste in quasi tutti gli Stati, anche in quelli africani dai quali provengono molti dei nostri immigrati acquirenti”. Inoltre, “bisogna anche precisare che l’Italia ha l’obbligo di derogare, in difesa della propria esistenza, dalle normative riguardanti i cittadini degli Stati che fanno parte dell’Unione europea”
L’antopologa passa quindi a un’analisi del voto del 13 aprile: “nessuno ha dubbi sul fatto che il successo elettorale del centrodestra sia dovuto soprattutto alla insofferenza della maggior parte della popolazione nei confronti della immigrazione”. “Non ne potevano più di essere oppressi dalla invasione di stranieri e dalle conseguenze inevitabili che tale invasione porta con sé … non ne potevano più di non avere diritto a custodire il patrimonio che con tanta fatica hanno conquistato: la propria terra”.
“I «confini» esistono e sono sempre esistiti, – conclude Magli – in ogni tempo e in ogni luogo, perché delimitano la sacralità dello spazio nel quale vive un determinato gruppo di uomini. Chi non sa che si deve mettere i piedi in un solco d’acqua per attraversare il confine di alcuni stati? L’acqua segnala appunto la necessità di una purificazione per entrare nel territorio altrui. Ma anche il «tappetino» davanti alla porta di casa segnala, sotto la debole razionalizzazione del pulirsi le scarpe, la sacralità del nostro territorio”.
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