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L’intervista. Bressa: “La cittadinanza è uno strumento di integrazione”

Parla il relatore della riforma. "L’esclusione dall’appartenenza allo Stato può comportare marginalità sociale" La cittadinanza è un diritto, si fonda sul principio di uguaglianza ed è strumento di integrazione. Su questi cardini Gianclaudio Bressa (Ulivo) ha impostato il testo base per riscrivere le regole per diventare italiani, che ha iniziato mercoledì scorso il suo iter alla Camera.

"L’idea di fondo – spiega a Stranieriinitalia.it – è che la cittadinanza è un diritto soggettivo che deve essere riconosciuto allo straniero, anche se logicamente va sottoposto a qualche condizione. Non è lo stato che graziosamente decide di accogliere con un gesto di magnanimità, ma è una richiesta che lo straniero fa perché vuole diventare parte della comunità che lo ha accolto. E questo è l’elemento di grande novità"

Si risponde insomma a una domanda di integrazione?
"Con questo testo abbiamo fatto della cittadinanza uno strumento che possa favorire al massimo l’integrazione. Abbiamo cercato di esaltare l’atto volontario da parte dello straniero e di fare il modo che lo stato possa accompagnarlo in questo desiderio, prevedendo il percorso di attribuzione dopo cinque anni con decreto del ministero dell’Interno. Parallelamente, rimane anche la "concessione" della cittadinanza dopo dieci anni da parte del Presidente della Repubblica. Abbiamo poi affermato lo jus soli e ribadito senza possibilità di confusione il principio della doppia cittadinanza.

Per l’attribuzione dopo 5 anni avete specificato il requisito della conoscenza della lingua…
Si, perché essendo questo un percorso accelerato, la condizione perché tu possa diventare cittadino è che tu abbia gli strumenti per esser parte attiva della comunità e quindi il fatto di comprendere la lingua e di poterti spiegare è una condizione fondamentale. Questa è l’unica condizione fatto salvo il non aver avuto condanne di un certo tipo e di non essere un soggetto sospettato o condannato per atti di terrorismo

Ma che fine ha fatto l"integrazione sociale" prevista dal testo del governo?
L’integrazione sociale c’è nel momento in cui decidi di diventare cittadino italiano, è la tua volontà di essere parte attiva della società che stabilisce che tu ti senti parte di questa comunità. Mentre nei secoli passati la condizione di marginalità sociale escludeva dalla cittadinanza, oggi è l’esclusione dall’appartenenza allo Stato che può comportare una condizione di deprivazione sociale. La cittadinanza non è solo uno status giuridico ma è una sorta di bene sociale che rappresenta una chiave di accesso, uno possibilità di vita nella società. D’altro canto si ribadisce anche il principio di uguaglianza

In che modo?
Tu sei uguale all’altro non perché hai con lui legami di sangue, ma perché decidi di partecipare in maniera comune, ricercando soluzioni comuni a problemi comuni, nella comunità in cui ti sei inserito. Abbiamo messo il principio dell’articolo tre della Costituzione al centro della cittadinanza. Per questo si parlava di cittadinanza come diritto.

Un diritto probabilmente ancora più sentito quando si parla di minori…
Lo ius soli è uno degli elementi principali alla base del testo, che comunque credo sistemi in maniera soddisfacente la situazione dei minori stranieri in Italia, siano nati o no in questo paese. Prevediamo anche il caso di figli di genitori irregolari che abbiano completato un ciclo scolastico in italia e al compimento dei 18 anni potranno diventare italiani. Si potrebbe poi inserire una norma transitoria per i maggiorenni stranieri che sono nati e studiano o lavorano qui, una norma che consenta di sistemare le posizioni di questi ragazzi che oggi sono abbandonati a se stessi.

Che tempi avrà l’approvazione della legge?
Posso fare una previsione solo per la Camera dei deputati. Se non ci sarà ostruzionismo il testo verrà approvato entro la metà di marzo, se ci sarà attività ostruzionistica dovremo andare, con i tempi contingentati, alla prima settimana di aprile.

(9 febbraio 2007)

 

Elvio Pasca

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