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Ouidad Bakkali, una seconda generazione al potere

Doppio record per il nuovo assessore alla cultura e alla scuola di Ravenna: ha solo venticinque anni ed è figlia di immigrati. “Ma quanto è stato difficile diventare italiana anche per la legge…”

 

Roma –  17 giugno 2011 – Ouidad Bakkali è più unica che rara. Un pezzo di futuro italiano sbocciato nel presente di questo Paese, in una città, Ravenna, che ha alle spalle una storia millenaria. Storia che Bakkali probabilmente conosce bene: questa ragazza di venticinque anni, figlia di immigrati marocchini, da qualche giorno è assessore comunale, con deleghe alla cultura e alla scuola.

“Mio padre –racconta a Stranieriinitalia.it –  è arrivato in Italia all’inizio degli anni ’80, prima in Veneto, poi in Emilia Romagna. Gli immigrati allora erano pochi. A Ravenna è diventato operaio della Enichem. Io sono nata ad Agadir, ma dopo un anno abbiamo raggiunto mio padre a Casal Borsetti, una frazione di Ravenna, sul mare. Quando avevo sei anni ci siamo trasferiti in città, in una casa popolare”.

Praticamente ravennate al 100%. Torna spesso in Marocco?
“Fino all’età di sedici anni passavo in Marocco tre mesi ogni estate. Poi ho smesso perché durante la stagione turistica lavoravo qui, negli stabilimenti balneari, come barista-cameriera, anche per pagarmi i primi viaggi all’estero. Intanto infatti avevo partecipato a una selezione ed ero entrata nell’ European Youth Parliament”.

Cos’è?
“È una sorta di simulazione del Parlamento Europeo, a cui partecipano giovani che arrivano da tutta l’Europa, avolte abche dai paesi nordafricani. Ci si divideva in commissioni per scrivere risoluzioni, ad esempio sulla ricostruzioni inIraq e Afghanistan o sugli organismi geneticamente modificati. Ho iniziato a sedici anni e ho continuato anche all’università. Sono stata anche nella sinistra giovanile, ma non ho tessere di partito”.

La sua famiglia l’ha appoggiata in queste avventure?
“Sempre, anche perchè mi hanno sempre visto determinata . inoltre, lavorando l’estate, le mie scelte non pesavano sul bilancio familiare”.

Eppure la vulgata vuole che gli arabi siano chiusi e contrari all’emancipazione delle donne
“Mio padre è una delle persone più aperte che conosco, lui è di Tangeri, dove c’è un porto, probabilmente questo conta. Mia madre è di un piccolo villaggio, quindi magari è un più chiusa, ma comunque l’ appoggio dei miei genitori è sempre stato completo”.

E ora che hanno una figlia assessore?
“Sono contenti. Mio padre non è il tipo che fa grandi compimenti, quando raggiungi un obiettivo ti parla già di quello successivo. Si preoccupava solo che potessero attaccarmi per le mie origini”.

È successo. I consiglieri del Pdl hanno sottoscritto un documento secondo il quale la sua nomina ad assessore alla cultura sarebbe il “simbolo preoccupante di una politica culturale che continui a guardare solo ed esclusivamente all’interculturalità ma che non tiene conto della tradizione culturale della nostra città”
“Di fronte ad accuse così basse e ridicole io e  la mia famiglia ci siamo fatti una risata”.

Lei fa paura perché è così giovane o perché una seconda generazione?
“Credo per entrambi i motivi. Ma alla parte più conservatrice della società disturbano soprattutto le mie origini. Non ci si rassegna a considerare le seconde generazioni come italiani a tutti gli effetti”.

Sono situazioni che ha vissuto anche in passato?
“Spesso, in tanti piccoli episodi, a volte anche divertenti.  Dagli impiegati degli uffici pubblici che mi parlavano più lentamente, dando per scontato che fossi straniera, agli scrutatori dei seggi elettorali che mi guardavano stupiti quando mi presento a votare”.

Nelle sue esperienze all’estero, ad esempio con l’EYP, ha riscontato situazioni di questo tipo?
“No, soprattutto non c’è quello stupore. Al Europarlamento dei giovani c’erano delegati arrivavano da Paesi dove non ci sono solo seconde generazioni ma anche quarte o quinte generazioni. La curiosità era legata solo alla normale voglia di conoscersi come persone. In una sessione di lavori a Berlino, nella stessa commissione c’eravamo io , che rappresentavo l’Italia, e una giovane marocchina che rappresentava il Paese dei miei genitori”.

Quando ha preso la cittadinanza italiana?
“Ho presentato la domanda quando avevo diciannove anni, convincendo anche tutti i miei familiari a fare lo stesso. Non ce la facevo più ad essere straniera per la legge,.il permesso di soggiorno mi creava una serie infinita di problemi per i miei viaggi all’estero e poi c’era il paradosso che facevo politica attiva e non potevo votare”.

È stato facile diventare italiana?
“Macchè. Oltre ai soliti due anni previsti dalle legge per l’esame della domanda, ne ho dovuti aspettare altri due per i soliti intoppi burocratici. Senza contare che intanto era uscita la legge sulla sicurezza e io e i miei familiari abbiamo dovuto anche pagare duecento euro a testa”.

Cosa cambierebbe della legge sulla cittadinanza?
“Praticamente tutto, ma comincerei col riconoscerla a chi nasce qui. Io sono arrivata qui che avevo un solo anno e sono diventata italiana più di vent’anni dopo. Mia sorella è nata e cresciuta qui, eppure fino a diciotto anni è stata considerata una straniera, lei che non parla nemmeno l’arabo”.

E lei parla arabo?
“Sì. Con i miei genitori parlo nella loro lingua d’origine. La scorsa estate ho anche studiato per tre mesi arabo classico in Marocco, per leggerlo e scriverlo”.

Perché il sindaco ha scelto lei come assessore?
“Voleva dare un segno di rinnovamento e  apertura. Nominare assessore a Ravenna una venticinquenne di origini non ravennate è un segnale di rottura. Entra nel dibattito sui giovani che non hanno possibilità o responsabilità. È un trend che spero possa essere seguito anche altrove.Mi raccontano che negli anni settanta un assessore della mia età non avrebbe fatto notizia, erano tanti i giovani impegnati nelle amministrazioni”.

Lei ha la delega alla scuola, luogo sempre più multietnico
“In una delle prime mail che mi sono arrivate, un cittadino si lamentava perchè nella classe di suo figlio gli stranieri superavano il 30%. Gli ho spiegato che quel tetto deve necessariamente essere flessibile. Gli alunni stranieri sono un fenomeno che va gestito bene, perchè sono una risorsa, e trovare le giuste soluzioni è compito della politica. Preoccupiamoci anche che i genitori non creino pregiudizi nei loro bambini”.

Cosa ha provato il giorno della nomina?
“Gioia, soddisfazione, ma anche preoccupazione per l’importanza di questa sfida. Poi, subito, mi sono messa a studiare, ho fatto il giro di fondazioni , teatri e altri luoghi di cultura della città per conoscerne gli attori, e ho partecipato a tante riunioni con esperti del mondo della scuola”.

I ravennati, opposizione politica a parte, come l’hanno presa?
“In Piazza del Popolo, davanti al palazzo del Comune, ci sono tanti vecchietti. Mi fanno i complimenti, altri sono scettici o cercano di mettermi in difficoltà. Ma conta quello che farò come assessore, la mia sfida più importante è che la crisi delle risorse non intacchi la qualità dei servizi, culturali e scolastici”.

Essere una seconda generazione le dà qualcosa in più?
“Mi dà un punto di vista più ampio, la possibilità di comprendere posizioni anche molto differenti. È un valore aggiunto, ma non è certo determinante per affrontare il compito che mi aspetta”.

Elvio Pasca

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