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Riforma. I diplomatici italiani: “Rischio Caporetto per i nostri consolati”

I consolati non sarebbero pronti a sostenere un aumento degli ingressi. Granara (Sndmae). "Si adeguino gli obiettivi agli strumenti a disposizione"

ROMA – Tra tagli di risorse, personale ridotto all’osso, informatizzazione in alto mare e una rete consolare inadeguata, i diplomatici italiani guardano con preoccupazione alle riforme dell’immigrazione e della cittadinanza messe in cantiere dal governo.

Facilitare l’acquisto della cittadinanza da parte dei discendenti di italiani all’ estero come previsto dal testo atteso in aula a Montecitorio, oppure aumentare gli ingressi regolari e creare liste di collocamento nei Paesi d’origine, come vuole la Amato-Ferrero, significa caricare ulteriormente di lavoro i consolati. Ma secondo chi quel lavoro lo deve smaltire "manca una valutazione di impatto", che tradotto in gergo meno diplomatico è: "hanno fatto i conti senza l’oste".

"Rischiamo una Caporetto delle istituzioni italiane all’estero" paventa Enrico Granara, presidente del Sndmae, sindacato a cui aderisce il 70% dei diplomatici di carriera. "Si aggiungono compiti non a parità, ma addirittura a fronte di un calo di risorse. C’è una sorta di schizofrenia per cui, mentre le leggi Finanziarie tagliano risorse [secondo il sindacato quelle a disposizione della Farnesina rappresentano appena lo 0,25% del bilancio dello Stato n.d.r.], singoli ministri intervengono sulle nostre competenze senza curarsi dell’impatto che possono avere le loro decisioni".

Da quando il nostro è diventato un grande Paese d’immigrazione l’impegno a cui sono chiamate le nostre rappresentanze, ad esempio per la concessione di visti, è cresciuto in maniera sproporzionata rispetto alle loro potenzialità. A farne le spese sono innanzitutto gli immigrati, che in molti Paesi sono costretti a vie crucis inimmaginabili per farsi mettere un timbro sul passaporto.

"La rete dei nostri sportelli non è stata ancora modernizzata dall’informatica, dall’aggiornamento del personale e dalla sostituzione in molte sedi dei vuoti di organico. Sopratutto non è stata sottoposta a una vera e propria razionalizzazione nel senso di consistenza e distribuzione territoriale degli uffici" sottolinea il presidente del Sndmae. Un problema, quest’ultimo, che ad esempio conoscono bene i cittadini moldavi, che per un visto per l’Italia devono prima arrivare in Romania (dopo essersi procurati un altro visto) perché nella Repubblica di Moldova non abbiamo un consolato.

In mancanza di una soluzione, le nuove politiche per l’immigrazione in Italia saranno inevitabilmente zoppe. "Se non sono possibili ulteriori risorse, almeno si adeguino gli obiettivi agli strumenti che abbiamo a disposizione, indicandoci quali sono le vere priorità" conclude Granara.

(9 maggio 2007)

 

Elvio Pasca

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