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Clandestinità: sul reato pende la scure della Consulta

Centodieci ricorsi ai giudici costituzionali. Tra una settimana la prima udienza

Roma – 1 giugno 2010 – Il reato di “ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato” è incostituzionale? Domanda da cento milioni di dollari. Perché la risposta potrebbe far saltare l’architrave delle politiche del governo contro l’immigrazione clandestina.

Dallo scorso agosto, quando il reato è entrato in vigore insieme alla legge sulla sicurezza voluta dal governo, sono almeno centodieci i processi a carico di clandestini sospesi proprio per dubbi di incostituzionalità. In pratica, centodieci giudici hanno alzato le mani e hanno chiamato la Consulta, per capire se quell’articoletto voluto da Maroni è in linea con la nostra Costituzione.

Per avvocati e procure di mezza Italia, trasformando tutti i clandestini in delinquenti si violerebbero una sfilza di principi costituzionali, dalla ragionevolezza all’ uguaglianza, passando per personalità della responsabilità penale, solidarietà e rispetto del diritto internazionale. L’ultima, anzi l’unica parola, spetta però ai giudici della Corte Costituzionale, che se stabiliranno che questi dubbi sono fondati cancelleranno il nuovo reato.

Si inizia martedì prossimo, con la prima udienza dedicata al reato di clandestinità. A fare da apripista, nella carica dei centodieci, è il caso di Ibrahima D., un giovane senegalese pizzicato l’estate scorsa a Fano senza permesso di soggiorno, che potrebbe presto turbare i sonni di Maroni & Co.

Elvio Pasca

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