La decisione della Corte in 2 sentenze depositate ieri Roma, 9 luglio 2010 – Il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, introdotto nel 2009, non viola la Costituzione, ed e’ quindi legittimo. Parola della Consulta, che (nella sentenza 250) ha dichiarato non fondate e inammissibili alcune questioni di legittimita’ presentate contro la norma contenuta nel ddl sulla sicurezza che inaspriva le pene nei confronti degli immigrati irregolari.
Sempre la Consulta, ha dichiarato (nella sentenza 249) che è discriminatoria l’aggravante per gli immigrati clandestini che commettono reati, e dunque viola la Costituzione.
REATO DI CLANDESTINITA’ E’ LEGITTIMO
Alla base della decisione, contenuta nella sentenza 250 (relatore Giuseppe Frigo), il fatto che "il bene giuridico protetto" dalla norma e’ "identificabile nell’interesse dello Stato al controllo e alla gestione dei flussi migratori". Nella sentenza si legge che "l’ordinata gestione dei flussi migratori" infatti, "si presenta come un bene giuridico strumentale, attraverso la cui salvaguardia il legislatore attua una protezione in forma avanzata del complesso di beni pubblici ‘finali’, di sicuro rilievo costituzionale, suscettivi di essere compromessi da fenomeni di immigrazione incontrollata" e il potere di disciplinare l’immigrazione rappresenta "un profilo essenziale di sovranita’ dello Stato, in quanto espressione di controllo del territorio".
A sollevare le questioni alla Corte erano stati i giudici di pace di Lecco e Torino, e per tutta risposta la Consulta fa notare che la norma impugnata non sancisce una "presunzione assoluta di pericolosita’ sociale dell’immigrato, ma si limita a reprimere la commissione di un fatto oggettivamente e comunque antigiuridico, offensivo di un interesse reputato meritevole di tutela: violazione riscontrabile indipendentemente dalla personalita’ dell’autore". Per questo, il reato di clandestinita’ non e’ diretto "a sanzionare la condotta di vita e i propositi del migrante irregolare, i quali, ove assumano connotazioni criminose troveranno eventualmente risposta punitiva in altre norme, quanto piuttosto e soltanto l’inosservanza delle norme sull’ingresso e il soggiorno dello straniero nel territorio dello Stato".
AGGRAVANTE CLANDESTINITA’ E’ DISCRIMINATORIA
E’ discriminatoria l’aggravante per gli immigrati clandestini che commettono reati, e dunque viola la Costituzione. Cosi’ la Corte Costituzionale, nelle motivazioni della sentenza con cui la bocciato la norma sull’aggravante di clandestinita’, introdotta nel 2008 con il ddl sulla sicurezza. Nella sentenza n.249 depositata ieri dal giudice Gaetano Silvestri, si fa notare che "la ratio sostanziale posta a base della norma censurata e’ una presunzione generale ed assoluta di maggiore pericolosita’ dell’immigrato irregolare, che si riflette sul trattamento sanzionatorio di qualunque violazione della legge penale da lui posta in essere". Una norma che ha "natura discriminatoria", perche’ contrasta con il principio di uguaglianza previsto dall’articolo 3 della Costituzione.
"La condizione giuridica dello straniero – si legge – non deve essere considerata come causa ammissibile di trattamento diversificati e peggiorativi, specie nell’ambito del diritto penale" poiche’ "il rigoroso rispetto dei diritti inviolabili implica l’illegittimita’ di trattamenti penali piu’ severi fondati su qualita’ personali dei soggetti che derivino dal precedente compimento di atti del tutto estranei al fatto-reato".
Secondo i giudici della Consulta l’aggravante di clandestinita’, fa si’ che la qualita’ di immigrato irregolare diventi "uno stigma che funge da premessa ad un trattamento penalistico differenziato del soggetto, i cui comportamenti appaiono, in generale e senza riserve o distinzioni, caratterizzati da un accentuato antagonismo verso la legalita’".
E cio’ contrasta, si fa notare, anche con l’articolo 25 della Costituzione che "pone il fatto alla base della responsabilita’ penale e prescrive, in modo rigoroso, che un soggetto debba essere sanzionato per le condotte tenute e non per le sue qualita’ personali". Dunque, non puo’ essere ritenuta "ragionevole e sufficiente" la finalita’ di contrastare in questo modo l’immigrazione illegale, poiche’ "questo scopo non potrebbe essere perseguito in modo indiretto – si conclude – ritenendo piu’ gravi i comportamenti degli stranieri irregolari rispetto ad identiche condotte poste in essere da cittadini italiani o comunitari".
Stefano Camilloni