Il ministro della Giustizia: “Detenuti stranieri scontino la pena nei Paesi d’Origine”. Vietti (Csm): “Non si risolvono i fenomeni sociali penalizzandoli”
Roma – 23 febbraio 2012 – “La clandestinità favorisce una serie di reati di cui si può essere protagonisti o vittime”. Lo ha detto oggi il ministro della giustizia Paola Severino, intervistata a Radio anch’io su Radio1.
“Il clandestino – ha spiegato Severino – è un soggetto debole, può essere cooptato dalla criminalità organizzata e andare a commettere reati, o può essere vittima del sistema, pensiamo al recentissimo reato di tratta di persone, che sono spesso donne o minori che vengono privati di qualsiasi diritto da veri e propri schiavisti che sottraggono loro i documenti di identità e li sfruttano in maniera terrificante”.
Quindi, secondo il ministro della Giustizia, “la vera soluzione del problema è evitare a monte la clandestinità”.
“Sull’alleggerimento della popolazione carceraria costituito da stranieri – ha aggiunto Severino – avrei anche l’idea di riattivare le convenzioni con i paesi di origine. Se il carcere è rieducazione e reinserimento sociale, credo fortemente che il reinserimento possa avvenire attraverso il ritorno e la riaccoglienza nel paese d’origine. Mi sto attivando per verificare la praticabilità di questo sistema”.
Alla trasmissione è intervenuto anche Michele Vietti, vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura. “E’ stata fatta molta demagogia in questi anni – ha detto – ci si è raccontato che introducendo il reato di clandestinità si sarebbe risolto il problema, in realtà non lo si è risolto affatto, non sono diminuiti gli immigrati e la corte europea ci ha detto che questo reato era contrario ai diritti dell’uomo, facendo cadere tutta l’impalcatura”.
Secondo Vietti “non si risolvono i fenomeni sociali penalizzandoli”, inoltre “nel momento in cui introduco l’immigrato nel circuito giudiziario ritardo la sua espulsione che va casomai risolta per via amministrativa”.