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Centri di espulsione. Oim: “Non ospitino anche gli ex detenuti”

“Identificazioni in carcere per evitare un’inutile prolungamento di pena e alleggerire la gestione dei centri”. Già previsto in una direttiva del 2007, ma secondo l’organizzazione oltre la metà degli ospiti dei centri arriva dai penitenziari

 

Roma – 13 aprile 2012 – Identificare già in carcere quei migranti che stanno scontando una condanna ed evitare così che vengano trasferiti nei Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE) al solo fine di procedere a un’identificazione che poteva esser fatta prima.

È l’appello dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. “Si stima che più della metà dei migranti trattenuti nei CIE provengano direttamente dalle carceri, dove però non vengono avviate le procedure di identificazione, delegate alle strutture dei Centri di Identificazione ed Espulsione” dice José Angel Oropeza, direttore dell’Ufficio di Coordinamento per il Mediterraneo.

“Questa pratica – sottolinea –  da una parte impone ai migranti che hanno terminato il loro periodo di detenzione in carcere un ulteriore lungo e inutile trattenimento a scopi puramente amministrativi, e dall’altra appesantisce i CIE, dove l’aumento del numero di persone detenute fa salire i costi di mantenimento delle strutture e rende al contempo sempre più difficoltosa la gestione dei centri stessi”.

Una direttiva del 2007 degli allora ministri dell’Interno e della Giustizia Amato e Mastella aveva già previsto che le procedure di identificazione dei migranti detenuti in carcere fossero espletate all’interno delle stesse strutture penitenziarie, in modo da – come citava la direttiva stessa – “evitare le criticità emerse in questi anni in relazione al trattenimento nei Cpt di questi soggetti”.

“Ultimamente – spiega Oropeza – per ottenere da parte dei consoli dei paesi di origine la documentazione necessaria all’identificazione, i migranti vengono spesso spostati tra vari centri, diventando oggetto di un inutile “rimpallo” che li porta da una parte all’altra d’Italia e che spesso si rivela infruttuoso”.

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