Manuela Mareso (Narcomafie): “Non ha senso che in queste strutture vengano detenute per lungo tempo persone che non hanno compiuto alcun reato”
Roma, 20 settembre 2012 – E’ fuga dai tredici Centri di identificazione ed espulsione distribuiti sul territorio nazionale.
”Alla data dell’8 settembre scorso, vi sono trattenuti 907 stranieri ‘irregolari’, di cui 805 uomini e 102 donne”, fa sapere ‘Narcomafie’, mensile di informazione e analisi del Gruppo Abele, secondo cui nel 2012 ”le rivolte e le proteste, talvolta culminate anche con gravi episodi di violenza nei Cie, si sono susseguite con maggiore frequenza rispetto al 2011, anno in cui, pure, erano stati numerosi i momenti di tensione”. ‘
‘Nel 2011 – si legge sul sito di ‘narcomafie ‘- su 7.735 migranti (6.832 uomini e 903 donne) transitati nei Cie, solo la meta’ (3.880) sono stati effettivamente rimpatriati nei paesi di origine. Nel 2010, la percentuale di trattenuti/rimpatriati era stata del 48%. E’ aumentato, peraltro, il numero dei migranti che si sono allontanati ‘arbitrariamente’ dai Cie: 787 nel 2011 contro i 321 dell’anno prima”.
E ”quest’anno (secondo dati del Dipartimento della Pubblica Sicurezza-Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere, non ancora definitivi alla data dell’8 settembre), su 5.642 stranieri transitati nei Cie, sono stati ben 733 quelli che ‘arbitrariamente’ hanno deciso di andarsene (nottetempo)”. A questo numero, sottolinea il mensile, ”vanno aggiunte le persone dimesse per la scadenza dei termini di trattenimento (277), quelle nei cui confronti il giudice di pace non ha convalidato il provvedimento amministrativo di accompagnamento (687) e quelle dimesse per vari motivi (895). Insomma un totale di ben 2.592 persone”.
Alcune settimane fa, a Trapani, fa rilevare il mensile del Gruppo Abele, ”nel nuovo complesso di contrada Milo, una trentina di migranti sono riusciti a ‘fuggire’ e altri, pochi giorni dopo, hanno tentato una rivolta e la fuga, al grido di ‘Liberta’, liberta”. Lo stesso grido lanciato dai tunisini trattenuti nel Centro di prima accoglienza di Pozzallo, che ai primi di settembre si sono rivoltati scontrandosi con le forze di polizia (cinque agenti e carabinieri rimasti feriti)”.
Per ‘narcomafie’, le ”denunce sulle pessime condizioni in cui si trovano gli stranieri nei centri vanno avanti da anni senza che la classe politica abbia mai avuto il coraggio di affrontare seriamente i problemi connessi alle condizioni socio sanitarie di tali strutture, alle modalita’ di gestione, al rispetto dei diritti degli immigrati”. ”Continuiamo la nostra battaglia – spiega all’Adnkronos Manuela Mareso, direttore di ‘narcomafie’ – con la campagna ‘Lasciateci entrare’, promossa con l’obiettivo di avere accesso a queste vere e proprie carceri ingiustificate. Ad oggi -denuncia- non riusciamo ad avere le documentazione necessaria per recarci nei Cie e verificare le reali condizioni in cui si trovano reclusi gli immigrati”.
”Non ha senso – rimarca Mareso – che in queste strutture vengano detenute per lungo tempo persone che non hanno compiuto alcun reato. La clandestinita’, infatti, e’ uno stato di fatto, non un reato”. Inoltre ”e’ stato documentato da diversi giornalisti che nei Cie finiscono persone che vivevano e lavoravano regolarmente nel nostro paese da anni e ora, a causa della crisi, hanno perso l’impiego: se fermati, finiscono li’ dentro. E’ una totale mancanza di umanita’, perche’ queste persone ‘dietro le sbarre’ non hanno diritti civili”.
”Questa fotografia non corrisponde alla realta”’, e’ la replica alla denuncia di ‘narcomafie’ che arriva da fonti qualificate della Polizia. ”Alle persone ospitate nei Cie – spiegano all’Adnkronos – viene assicurata ogni assistenza: dalla possibilita’ di esprimere la propria fede religiosa, al vitto servito secondo le indicazioni del loro credo. Agli immigrati irrregolari diamo anche le sigarette”. ”Anzi -si rimarca- alcune delle cosiddette ‘rivolte’ scoppiate nei Centri, sono state causate proprio dai ritardi nella distribuzione delle sigarette”.
”Ma soprattutto – tengono a precisare le stesse fonti – non si tratta di luoghi di detenzione. Gli spazi abitabili sono piu’ che soddisfacenti e le persone che vi sono ospitate sono costantemente assistite da medici e strutture”. Percio’ ”basta polemiche: i nostri Cie sono all’avanguardia nell’Unione europea, e non sono centri detentivi”, aggiungono le fonti qualificate della Polizia. Quanto a coloro che hanno perso il lavoro e, ”soggetti alla norma comunitaria, se non hanno fatto rientro nei loro paesi nei tempi previsti diventano clandestini. Non sono ‘reclusi’ nei Cie ma in attesa di essere rimpatriati, d’intesa con le loro autorita’ consolari”.
C’e’ di piu’. ”Gli immigrati iregolari – fanno notare le stesse fonti – possono tranquillamente comunicare con l’esterno, anche con cellulari o cabine telefoniche che abbiamo messo a loro disposizione, insieme alle schede per poter chiamare”. Infine, sulla questione dei permessi ai cronisti per visitare i Cie, le fonti di Polizia ricordano che ”l’autorizzazione all’ingresso viene decisa a livello locale dal prefetto su cui insiste il Centro di identificazione. Ed e’ legato anche a motivi di ordine pubblico, alla garanzia della sicurezza e al rispetto della privacy di queste persone”.