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Alì ha gli occhi azzurri. Seconde Generazioni al Festival di Roma

Applausi per il 1° film italiano in concorso, che racconta l’amicizia tra un sedicenne italiano e un figlio di immigrati. Il protagonista: “Oggi ho 19 anni, so chi sono”

Roma, 12 novembre 2012 – Applausi dalla stampa per il primo film italiano in concorso al Festival di Roma, “Alì ha gli occhi azzurri”, che uscirà nelle sale il 15 novembre.

La pellicola diretta da Claudio Giovannesi è ambientata a Ostia e racconta l’amicizia tra un sedicenne italiano e uno egiziano di seconda generazione, sospeso tra il desiderio di integrazione e le tradizioni della famiglia musulmana.

Il film prende spunto dalla vera storia di Nader Sahran, il ragazzo protagonista del film, cresciuto in quelle periferie raccontate da Pasolini 50 anni fa. Il titolo del film è proprio un omaggio al poeta che nel ’62 scrisse “Profezia”, prefigurando la società multiculturale: “Mi emoziona lo sguardo così puro e innocente di Pasolini su quel mondo marginale che raccontò in ‘Mamma Roma’ o ‘Accattone’. – ha spiegato il regista – Nel mio film ho cercato di far mio quel sentimento, anche se la differenza tra ieri e oggi è che viviamo in una società multiculturale e dei consumi, e per questo Nader entra in conflitto con la tradizione islamica”.

Nader Sahran è stato già protagonista di un documentario di Giovannesi, “Fratelli d’Italia”, ma nel film mette in scena la sua vita insieme al suo amico italiano (Stefano Rabatti), alla sua ragazza e alla sua vera famiglia.

“Quando ho girato il documentario avevo quattordici anni e inseguivo qualcuno che non ero, volevo essere integrato il più possibile e indossavo lenti a contatto blu. Oggi ho 19 anni, so chi sono, so che sono egiziano, sto bene con me stesso e con i miei occhi marroni” ha spiegato il ragazzo. Regista e sceneggiatore hanno trascorso molto tempo in quelle periferie con Nader e i suoi amici, perché, ha spiegato il regista, “in quelle periferie dove la società è multietnica c’è l’Italia del futuro”.

Una fetta di società che, secondo Giovannesi, è ricca proprio perché fatta di contraddizioni: “L’integrazione è un processo dinamico: Nader ha preso coscienza di una contraddizione. Vive una situazione conflittuale, uno scontro culturale, che comunque rappresentano situazioni ricche, che vale la pena raccontare” ha concluso il regista.

 

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