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Gli immigrati non rubano il lavoro agli italiani

Hanno impieghi prevalentemente non qualificati, non fanno aumentare la disoccupazione degli autoctoni né abbassare i loro salari.  Continueranno a crescere, arrivando a 3 milioni nel 2020. Ricerca Cnel-Ministero del Lavoro

Roma – 19 novembre 2012 – Non c’è concorrenza tra i lavoratori italiani e quelli stranieri. Nei prossimi anni gli occupati autoctoni rimarranno numericamente stabili, quelli immigrati continueranno invece ad aumentare, pur rimanendo impiegati prevalentemente in professioni poco qualificate.

Lo dice una ricerca su “Il ruolo degli immigrati nel mercato del lavoro italiano”, curata dal Cnel e ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, presentata oggi a Roma, che si concentra sulla cosiddetta “assimilazione economica” degli stranieri e sugli effetti della loro presenza nel mercato del lavoro di destinazione.

Evidenza che con l’aumentare degli anni di permanenza in Italia,  aumenta anche il tasso di occupazione dei lavoratori stranieri, mentre diminuisce quello di disoccupazione. Non si registrano invece miglioramenti per quanto riguarda la loro valorizzazione, perché continuano ad essere relegati in posti di lavoro per i quali servono titoli di studio inferiori a quelli che posseggono.

L’altra faccia della medaglia di quella che la ricerca definisce “ segregazione” o “scarsa assimilazione economica” degli immigrati, è che in questo modo non entrano in concorrenza con i lavoratori italiani. La loro presenza non influenza la probabilità che un italiano diventi disoccupato (il cosiddetto “job desplacement”), in pratica, con buona pace di chi predica il contrario, i dati dicono gli stranieri non “rubano il lavoro” degli autoctoni.

Gli esperti si sono anche chiesti se la presenza di immigrati influenza al ribasso i salari degli dipendenti italiani e non hanno trovato alcun riscontro significativo. Per gli italiani che svolgono un lavoro dipendente, a parità di altre condizioni che possono influire sul livello della retribuzione, risiedere in un territorio ad alta intensità di immigrazione non è uno svantaggio.

Si fa infine una previsione di medio periodo, considerando che la presenza degli immigrati tendi ad aumentare in ogni professione, per effetto dell’invecchiamento della popolazione italiana in età lavorativa. A causa della crisi economica, l’aumento sarà più contenuto di quello registrato negli ultimi anni, ma si attenueranno anche alcuni fenomeni di segregazione per  l’ingresso nel mercato del lavoro anche delle seconde generazioni che hanno studiato in Italia.

La previsione? Tra il 2010 e il 2020 i lavoratori stranieri passeranno da 2,1 a 3 milioni, facendo registrare un incremento del 45%, quelli italiani invece diminuiranno leggermente da 20,8  a 20,7 milioni. Gli immigrati, che passeranno dal 9,1 al 12,7 del totale dei lavoratori, troveranno però posto prevalentemente nelle professioni meno qualificate (dove rappresenteranno la metà degli occupati), andando a sostituire gli italiani per i quali, sotiene la ricerca, si apriranno spazi nei posti di lavoro più qualificati.

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Il ruolo degli immigrati nel mercato del lavoro italiano

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“Un nuovo orizzonte per l’immigrazione. Come la ricerca può contribuire all’elaborazione di politiche pubbliche più efficaci” (Roma, 29 novembre 20112)

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