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Senegalesi a Genova: anche la cucina aiuta l’integrazione

Nel cuore della città è sempre più forte la presenza senegalese. Qui sono nati due ristoranti di cucina tipica. E i piatti africani piacciono anche ai genovesi, specialmente ai più giovani.

GENOVA – Teranga in Senegal vuole dire accoglienza. E’ una parola che suona sempre più familiare anche nel cuore del centro storico genovese, dove sono nati due ristoranti di cucina senegalese. In una città abituata agli stranieri, ma da sempre fedele alle proprie tradizioni, anche culinarie, oggi i piatti del paese africano non sono più una esclusiva degli immigrati. Piacciono anche ai genovesi, specialmente ai più giovani, come piace l’ospitalità di chi li offre.

E’ il risultato di un processo di integrazione iniziato una ventina di anni fa. I senegalesi in Italia sono arrivati numerosi dopo il 1986, anno in cui Francia e Germania hanno introdotto il visto per l’ingresso, costringendo a cercare nuove terre di approdo

A Genova i senegalesi (circa 3.500 regolari, ma altrettanti irregolari) sono stati tra i primi gruppi etnici a fare capolino, assieme ai maghrebini. La loro integrazione è stata facile, nonostante la diversità di religione (i senegalesi sono soprattutto musulmani, ndr). Non c’e’ prostituzione e relativamente pochi sono i reati commessi dagli uomini, al massimo denunciati per commercio ambulante abusivo o vendita di prodotti contraffatti.

”Dipende dalla cultura e dall’economia del nostro paese di origine – spiega Papa Dieng, mediatore culturale, laureato in economia, a Genova dal 1993 – da noi c’è povertà, ma non miseria o disgregazione. La nostra società è caratterizzata dai valori religiosi di solidarietà, che si traducono in coesione interna che nelle comunità trapiantate in Europa non è andata persa".

Genova non offre le possibilità di lavoro nell’industria che offrono altri centro del Nord Italia, ma chi cercava un impiego lo ha spesso trovato. "Appena arrivato – racconta Dieng – ho fatto commercio ambulante, come tutti. Senza documenti regolari è difficile trovare altro. Poi ho allargato le mie relazioni, sono passato a una cooperativa. E dopo sei anni dal mio arrivo mi ha raggiunto la famiglia".

Molti, come Dieng, raggiunta la tranquillità economica, hanno chiesto il ricongiungimento familiare. E sono ormai numerosi i senegalesi di seconda generazione, cresciuti o nati a Genova. Spesso non si sentono stranieri. ”Io e mia moglie – spiega Dieng – un giorno torneremo in Senegal. I miei figli non so. L’ultima, che ha 5 anni, qualche giorno fa mi ha detto: voi siete senegalesi, io sono italiana".

Come ha reagito la comunità genovese alle tante nuove presenze straniere? "Il rapporto nel complesso è buono – risponde Dieng – non si può parlare di ostilità o razzismo. In alcuni però c’è ancora diffidenza nei confronti degli stranieri in genere. Lo si vede dal fatto che noi per affittare case spesso paghiamo un presso maggiore e dobbiamo avere referenze".

(19 luglio 2007)

 

AG

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