Le preferenze raccolte non sono bastate a portarlo al Pirellone, ma rimane in campo con tutte le sue proposte. "I miei riferimenti? L'Italia, il Pakistan, il Canada, l'Inghilterra…"
Roma – 18 aprile 2013 – Il milanese Reas Syed, a 28 anni, si divide tra le aule dei tribunali e l’impegno sociale e politico. Con una parola d’ordine: competenza.
“Sono nato in Pakistan ma non è il mio unico riferimento nel mondo oltre all’Italia, lo sono anche il Canada e Inghilterra dove vive parte della mia famiglia, e Londra città dove ho fatto l’Erasmus. Ho scelto d’intraprendere la carriera di avvocato perché ho sempre avuto un’ attitudine verso il diritto, con una consapevolezza dell’importanza dei diritti dell’uomo. Sento di fare una cosa utile, e mi piace”.
“Subito dopo la laurea in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Milano nel 2009 ho svolto un dottorato di ricerca in diritto internazionale e il dovuto praticantato di due anni presso uno studio internazionale commerciale e societario bancario qui a Milano, attualmente sto facendo il tirocinio al tribunale in diritto del lavoro mentre nel frattempo attendo i risultati dell’esame di stato per avvocato. Tra le diverse esperienze che ho fatto finora il diritto del lavoro è quello che apprezzo di più perché ti tiene più in contatto con la realtà”.
“Ho sempre avuto un’ antenna tesa verso le tematiche dell’immigrazione e sulla cittadinanza, ma solo dopo la laurea mi sono dedicato pienamente all’impegno sociale attraverso la Rete G2, che riunisce i figli degli immigrati. Credo di poter essere più utile mettendo in campo le mie competenze ed è per questo che ho atteso di laurearmi prima di diventare un attivista”.
“Milano è indubbiamente la mia città, è il luogo in cui potrei fare qualsiasi cosa. Ci conosciamo, d’altronde è un rapporto che dura 20 anni, ne avevo 8 quando con la famiglia ci siamo trasferiti qui. Mentre con il Pakistan ho un forte legame, anche se ci sono stato pochissime volte, seguo la sua attualità politica e cerco di tenermi aggiornato a distanza, ma uno dei miei desideri è sicuramente di avvicinarmi di più alle mie origini. È come un cassetto rotto, che mi sono promesso di riaggiustare”.
“La mia candidatura alle ultime elezioni regionali in Lombardia è il frutto di una lunga collaborazione con il Partito Democratico per quanto riguardo i temi sulle seconde generazioni. Non mi sono mai iscritto al partito e ho corso come indipendente sostenendo Ambrosoli. Hanno scelto me per portare nuove esperienze competenti, possiamo dire che come ‘nuovo italiano’ ero la persone più vicina al PD con queste caratteristiche”.
“Mi sono candidato come milanese, non volevo essere il candidato delle seconde generazione o degli immigrati. Ho portato le mie competenze alla città dialogando con diversi mondi: con i professionisti, i giovani, gli stagisti, parlando di diritti e presentando proposte concrete utili a tutti i cittadini lombardi, perché credo che le istituzioni sono un luogo, un punto di riferimento per tutti”.
“È stata una campagna elettorale completamente autofinanziata, fatta in 40 giorni e senza un supporto strutturale, basata sui miei rapporti. Non posso dire che è andata bene, perché per me bene significa vincere, ma posso dire che ho ottenuto un ottimo risultato visto la difficoltà delle condizioni oggettive. Con 1.361 preferenze sono stato l’under 30 più votato in Lombardia e, indipendentemente dall’età, tra i 10 candidati più votati a Milano”.
“Il mio impegno va avanti, seppur esternamente dalla Regione, con un dialogo sulle proposte che avevo messo nel piatto durante la campagna elettorale, quindi progetti concreti contro le discriminazioni, valorizzare le risorse delle comunità straniere per l’Expo di Milano e migliori condizioni di tutela per gli stagisti. Il mio dialogo è anche con il Comune e altre realtà per un lavoro collettivo, in cui non prevale il singolo. Questa è la mia idea di politica”.
Samia Oursana