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Fondi antiaborto. “Non tagliate fuori le donne immigrate”

Ventimila firme in Lombardia contro il progetto della giunta Maroni di escludere dagli aiuti chi non ha cinque anni di residenza. Bonzi (Cav Mangiagalli): “Così aumenteranno le interruzioni di gravidanza”

Milano – 27 marzo 2014 – Altro che “prima i lombardi”. La revisione leghista dei criteri per accedere ai fondi antiaborto farà aumentare le interruzioni di gravidanza.

È l’allarme lanciato da  Paola Bonzi, direttrice del Centro di aiuto alla Vita Mangiagalli, in una lettera aperta al governatore Maroni e all’assessore alla solidarietà sociale Maria Cristina Cantù. E c’è da fidarsi, visto che la sua associazione assiste ogni anno centinaia di mamme, anche indirizzandole verso quei fondi.

Tutto ruota intorno al taglio di risorse e ai nuovi criteri di accesso che Cantù vuole applicare al fondo regionale Nasko. Si tratta di un sussidio di tremila euro per l’acquisto di beni e servizi destinati a mamma e bambino concesso alle donne che rinunciano all’ interruzione volontaria della gravidanza.

Queste donne possono rivolgersi ai consultori familiari o ai Centri di Aiuto alla Vita, che predispongono per ognuna un piano personalizzato. Fino a oggi, tra i requisiti c’è un reddito particolarmente basso e la residenza in Regione da almeno un anno.

Ora l'assessore vorrebbe portare l’asticella a cinque anni di residenza, scelta che penalizzerebbe le immigrate.Cantù lo sa bene, se spiegando le sue ragioni in consiglio regionale ha lamentato che ”nei 3 anni della sperimentazione sono stati spesi oltre 18 milioni di euro, di cui il 75% è finito a extracomunitari”.

Il CAV Mangiagalli ha lanciato allora online la petizione “Una vita che nasce non ha colore”, che ha già raccolto oltre 20 mila adesioni.

Il testo parla di “discriminazione delle donne e dei bambini in base all'etnia di appartenenza, come se la vita di un bambino e la sofferenza di una madre valessero in funzione della loro nazionalità e origine geografica”. E denuncia “un’ operazione esclusivamente politica e propagandistica, apertamente razzista e contraria a tutte le Carte dei diritti riconosciute a livello internazionale”.

“I nuovi parametri che verranno approvati a giorni, di fatto, ridurranno il numero di donne da aiutare” spiega Bonzi nella sua lettera a Maroni e Cantù. “Il risultato sarà uno solo: una forte riduzione di donne che chiedono aiuto, o peggio ancora l’impossibilità di aiutare donne che vorrebbero tenere il loro bambino ma saranno costrette ad abortire per motivi economici. Siamo vicini alla follia”.

EP

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