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I vescovi: “Riformare la legge sulla cittadinanza”

La fondazione Migrantes chiede ius soli e tempi più brevi per le naturalizzazioni. "Così l’integrazione sarebbe più facile"

CITTA’ DEL VATICANO – 9 gennaio 2008 – I vescovi italiani spingono per una riforma della cittadinanza che dia subito il passaporto tricolore a chi nasce in Italia e dimezzi da dieci a cinque gli anni di residenza richiesti per le naturalizzazioni. Questa la strada, secondo la fondazione migrantes (che fa capo alla Cei), che può "favorire una vera integrazione degli immigrati in Italia e soprattutto dei giovani immigrati".

Gli auspici dei vescovi sono stati illustrati stamattina da monsignor Domenico Sigalini, segretario di Migrantes, e da mons. Gianromano Gnesotto, responsabile della pastorale dei migranti per la fondazione durante la presentaziomne presso la Radio Vaticana della Giornata nazionale delle migrazioni, che la chiesa italiana celebrerà domenica prossima.

"Occorre – ha affermato mons.Sigalini – che nella concessione della cittadinanza si aggiunga allo ‘jus sanguinis’ lo ‘jus soli’, cioé che chi nasce in Italia alla maggiore età resti italiano". "Chiediamo – ha detto mons. Gnesotto – che continui per questo l’iter legislativo cominciato il 7 febbraio 2007 in Commissione affari costituzionali della Camera e che si svolga in maniera positiva". Gnesotto ha ricordato che in Europa soltanto l’Italia e la Spagna richiedono ancora dieci anni di permanenza nel paese per poter fare domanda di cittadinanza e ha auspicato che si ritorni alla legge del 1912 che ne richiedeva soltanto cinque.

Anche Monsignor Piergiorgio Saviola, direttore generale di Migrantes, batte sul tema delal cittadinanza.

"Quasi tutti gli Stati europei, – si legge in un editoriale pubblicato questa settimana da Famiglia Cristiana –  hanno introdotto, o rafforzato se già l’avevano, l’elemento dello ius soli. L’Italia invece e’ restata indietro, mantenendo ancora il principio dello ius sanguinis, cosicche’ il figlio di stranieri nato in Italia non e’ italiano e solo la residenza legale e ininterrotta fino al raggiungimento della maggiore età gli consentiranno di farne richiesta e di diventare cittadino".

"È da augurarsi -conclude Saviola – che si giunga a una riforma in tempi brevi, perchè le lungaggini rischiano di rafforzare la costituzione di enclave che possono alimentare il senso di disaffezione nei confronti del Paese".

EP
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Rassegna immigrazione 9/01/2008

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